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Il ministro del Giustizialismo

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Alfonso Bonafede è una sorta di Re Mida del teatrone della politica italiana: come il mitico re frigio trasformava in oro tutto ciò che toccava, così il giacobino ministro a Cinque Stelle trasforma in epocale tutto ciò che riforma. Così a furia di interventi, decreti e leggine – dall’abolizione della prescrizione alla galera per i “grandi evasori” – l’Italia è entrata di gran carriera nell’epoca dell’anti-illuminismo sbarazzandosi in un sol colpo di Cesare Beccaria e Gaetano Filangieri, della cultura della borghesia illuminata lombarda e della finezza spirituale dei filosofi napoletani. Il ministro di Grazia e Giustizia è diventato il ministro del Giustizialismo. Questa sì che è una grande svolta epocale e anti-culturale.

Il nome e il cognome del ministro senza grazia mi fanno venire alla mente il nome di un grande avvocato che fu anche un grande santo: Alfonso de Liguori. L’autore della celeberrima Tu scendi dalle stelle fu un uomo di legge del Settecento e in tema di giustizia diceva una cosa che gli uomini di legge del XXI secolo dovrebbero tenere sempre a mente: ogni buon giudice, che ha a cuore soprattutto il bene della giustizia, non solo deve assolvere l’imputato quando, pur conoscendone la colpevolezza, le carte processuali ne dimostrassero l’innocenza; ma deve assolverlo anche quando le carte ne dimostrassero la colpevolezza e lui, il giudice, ne conoscesse invece per via diretta l’innocenza. In altre parole, guai se la giustizia diventa ingiusta e perde credibilità. Purtroppo, la mente di Alfonso Bonafede, che crede di scendere dalle stelle, funziona in modo completamente opposto e il sacrosanto principio costituzionale della presunzione di innocenza viene capovolto dalla cultura oscurantista grillina: non è il pubblico ministero che deve provare l’accusa ma è l’imputato che deve dimostrare l’innocenza. In fondo, che cos’è l’abolizione della prescrizione se non l’idea statal-giustizialista che tutti dobbiamo essere costantemente sotto processo?

E sottolineo “tutti” perché il principio che il ministro del Giustizialismo enuncia ad ogni piè sospinto ossia che i cittadini onesti non hanno nulla da temere è un segnale che mostra l’abisso o un rimedio peggiore del male. Infatti, i “cittadini onesti” devono temere proprio questo delirio di onnipotenza dell’uso della giustizia in cui fino a prova contraria si è tutti colpevoli. State in guardia perché il convincimento auto-assolutorio che tanto queste cose accadono agli altri, ai disonesti, ma è impossibile che accadano a me o a noi perché siamo onesti è soltanto la classica trappola per topi.

Il combinato disposto di giustizialismo e fiscalismo in uno Stato-padrone è infernale. La cultura giustizialista non ammette eccezioni, se non quella – come insegna la storia del totalitarismo comunista sovietico – in cui l’imputato deve persuadersi di essere colpevole e di meritare la pena. Le parole del ministro sono terribili e la loro terribilità è aggravata dalla superficialità con cui son dette: “I grandi evasori sono parassiti che camminano sulla testa dei cittadini onesti, un fenomeno che non può rimanere impunito”.

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