Politiche green

Il piano verde, l’Ue e quel pericolo sulla casa green

© Engin_Akyurt, urbazon e sellingpix tramite Canva.com

Dopo ben due anni e mezzo di lavori, di cui nove mesi di negoziati inter-istituzionali tra Parlamento, Commissione e Consiglio europeo (il cosiddetto “trilogo”), la controversa direttiva “Case green” è stata approvata con 370 voti favorevoli e 199 contrari.

L’accordo finale, raggiunto nelle scorse ore, ha smussato diversi punti critici del provvedimento: in particolare, è venuto meno l’obbligo del doppio salto di classe per tutti gli edifici residenziali ricadenti nell’area Ue (classe E al 2030 e classe D al 2033), con gli stati membri che ora avranno l’onere di attuare dei piani di efficientamento energetico per i propri edifici, con un progetto idoneo a raggiungere quota emissioni zero entro il 2050.

Purtuttavia, nonostante i correttivi apportati, il testo finale della direttiva rimane ancora oggi irrealizzabile in molti suoi aspetti. A cominciare dell’impianto stesso della normativa, contenente tutta una serie di obblighi ed imposizioni legate al tema dell’efficientamento, che avranno delle ricadute significative sui proprietari di immobili: su tutti, l’obbligo di riduzione dei consumi del 16% entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035, vincolante per qualsiasi paese membro a prescindere dalle peculiarità del patrimonio edilizio di riferimento.

Senza contare, poi, l’esiguità di risorse che l’Europa prevede di destinare alla realizzazione delle opere di efficientamento: nonostante la stessa Commissione stimi costi nell’ordine di svariate centinaia di miliardi di euro ogni anno (solo in Italia dai 20 ai 40 miliardi), nessuna nuova linea di finanziamento ad oggi è stata prevista. La direttiva, all’articolo 15, fa riferimento a fondi come il “Fondo sociale per il clima”, il PNRR e i fondi di coesione, ma si tratta tuttavia di fondi in gran parte vincolati, e, comunque, insufficienti a coprire le ingenti spese previste.

Altro aspetto per nulla irrilevante è infine rappresentato dall’obbligo, in capo agli stati membri, di prevedere delle sanzioni da comminare a tutti quei cittadini dell’Unione che non saranno nelle condizioni di potersi adeguare agli stringenti canoni imposti dalla direttiva, i quali, rischierebbero loro malgrado di subire importanti penalizzazioni per effetto del mancato rispetto dei vincoli comunitari.

A conferma di quanto appena asserito, riportiamo le recenti (e significative) dichiarazioni dell’europarlamentare Isabella Tovaglieri, unica relatrice ombra italiana del provvedimento: “Nonostante un lavoro negoziale durato mesi, che ha visto comunque alcuni miglioramenti, questa legge rimane ancora un pericolo per tutti i proprietari di immobili, ed il recepimento che dovrà fare il governo italiano, entro il 2026, ha margini troppo stretti per poter evitare gli esiti più nefasti. I costi di ristrutturazione di un immobile si aggirano in media, per ogni appartamento, tra 40 e 60mila euro. Ricordiamo, oltretutto, che circa il 75% del nostro patrimonio edilizio è collocato nelle classi più energivore, ovvero G, F ed E, per un totale di circa 9 milioni di edifici.”

Insomma, sebbene il testo finale si sia di molto “ammorbidito” rispetto alle precedenti versioni, la direttiva “Case green” rappresenta comunque una grave minaccia per le tasche dei cittadini italiani ed europei. Soprattutto per quelli economicamente più vulnerabili, i quali, finirebbero senz’altro col pagare il prezzo più alto a causa dell’eventuale carenza di risorse finanziarie da poter investire per adeguarsi ai rigidi obblighi previsti dal provvedimento. Come direbbero in questi casi ad Oxford: “curnuti e mazziati”.

Salvatore Di Bartolo, 17 marzo 2024

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