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Il “trionfo” del reddito per non lavorare

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Sempre meglio che lavorare: una delle definizioni del giornalismo attribuita a Luigi Barzini, poi diventato il titolo di un collage di articoli di Luca Goldoni più o meno trent’anni fa. Non c’era ancora il reddito di cittadinanza. Facile retorica? Anche. Ma se da più parti si sente lanciare l’emergenza lavoratori stagionali (mancherebbero il 50% degli addetti richiesti), qualcosa ha a che fare con il reddito di cittadinanza. A fronte di un guadagno netto di circa 6000 euro per un lavoro estivo (bar, ristoranti, alberghi, eventi, servizi di spiaggia, etc.) sarebbero molti i giovani a preferire i circa 8400 euro di reddito annuale assicurato dalla misura di welfare, salvo poi arrotondare con il classico “lavoretto” in nero.

Hanno fatto scalpore i 298 denunciati in provincia di Napoli come percettori illegittimi del reddito di cittadinanza – e lì ci sarebbe da chiedere con quali leggerezze, o negligenze, siano state erogate le prestazioni: i controlli preventivi sono politicamente sgraditi, ma un dovere della buona amministrazione – ma la questione è più rotonda. E va ben oltre la colpevole mala amministrazione.

Si è fatto un gran parlare delle scuse di Luigi Di Maio per gli eccessi del giustizialismo grillino. Benvenute. Tardive. Parziali. Ma l’ideologia che le ha generate somiglia a quella che teorizzava la fine del lavoro, prima ancora di celebrare la fine della povertà. Beppe Grillo vaticinava così, qualche anno fa, prima di aprire la scatola di tonno in Parlamento: “Politici ed economisti si impegnano tutti a capire come produrre di più. Dobbiamo pagare il debito, gridano. Dobbiamo lavorare di più, essere più produttivi, tagliare la spesa improduttiva. Siamo condizionati dall’idea che ‘tutti devono guadagnarsi da vivere’, tutti devono essere impegnati in una sorta di fatica perché devono giustificare il loro diritto di esistere. Siamo davanti ad una nuova era, il lavoro retribuito, e cioè legato alla produzione di qualcosa, non è più necessario una volta che si è raggiunto la capacità produttiva attuale”.

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