Rassegna Stampa del Cameo

Il vero virus cinese è il regime comunista

L’Anno del Topo è iniziato male. I cinesi associano il Topo all’aggressione, alla guerra, all’occulto, e pure (udite! udite!), alla peste. L’ultimo anno del Topo fu il 2008, quello della Grande Crisi. Dopo 12 anni siamo sempre lì, fra il lusco e il brusco. Mi chiedo: questa volta sarà il pettine ad arrivare ai nodi?

Ci mancava solo il terzo “coronavirus”, sempre asiatico, di questi ultimi trent’anni. Ogni volta lo stesso errore dei gerarchi cinesi: nascondere la verità. Questa volta hanno taciuto per almeno un mese. C’è un’intervista di Ilaria Capua, tre minuti tre, e si capisce tutto. Siano gli scienziati a gestire le pandemie, sia vere che presunte, e i politici implementino le loro decisioni.

A Natale un episodio micro. Un amico, ormai quasi cinese, mi racconta che a Wuhan all’inizio di dicembre si aveva la sensazione di qualcosa di strano. Sensazione, appunto, ma il pensiero (suo) non poteva che correre al 2002, alla SARS (Severe Acute Respiratory Syndrome). L’amico mi diceva: non temo il contagio, ma la burocrazia del PCC. Le epidemie in Cina, stante il modello in essere, fanno più paura, perché queste sono classificate segreto di stato. Aveva ragione.

Noi della Cina di Xi Jinping non sappiamo nulla, peggio, non vogliamo sapere nulla. Pensiamo che la Cina sia quella che ci fanno vedere. Ma quella è una nazione di 200-300 milioni di persone, tutti delle classi alte, super grattaceli, super treni, super calciatori (finiti), tutto super. Del miliardo di poveracci nulla sappiamo e nulla vogliamo sapere. Poi, siamo condizionati dal terrore di perdere un fatturato diventato via via “strategico”. Osservate Angela Merkel come si è auto soggiogata a Xi Jinping, per difendere il suo fatturato-virus.

Eppure, basterebbe analizzare i suoi “fondamentali” per capire cos’è la Cina: un normale Paese canaglia, dominato da una feroce dittatura burocratico-digitale. Anche quando le dittature erano analogiche queste si basavano su un assunto: i sudditi devono tacere, sempre e comunque, e il potere mentire, sempre e comunque. Probabilmente anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha subito il fascino perverso di Xi Jinping, definendo il rischio “moderato” per 5 volte (a maggioranza), e solo alla 6° “elevato”, con poi le classiche scuse riparatrici.

Dove la stampa non è libera, i media scrivono ciò che il Comitato Centrale del PCC permette loro di pubblicare. L’amico di Wuhan aveva avuto buon naso, ma ha dovuto attendere il 25 gennaio per la conferma da parte di Xi Jinping, l’unico autorizzato a pensare e a parlare. E allora decisioni drastiche, quarantene fantozziane, per recuperare credibilità internazionale. Ho colto una chicca, immagino sfuggita alla censura: le code al pronto soccorso sono tali che medici e infermieri sono stati dotati di un “catetere di stato” per non perdere tempo (neppure il fordismo alla Charlot era arrivato a tanto).

La tecnica comunicazionale dei burocrati del PCC segue quella classica: la menzogna. Tutti ci siamo eccitati perché faranno un ospedale in 10 giorni. Quanti di noi si sono domandati: perché? Eppure puzza di marketing politico lontano un miglio. Se ci fosse un sistema sanitario congruo, visto che stiamo parlando di un’area industrializzata con 60 milioni di abitanti (come l’Italia), trovare un migliaio di posti letto sarebbe gioco da ragazzi. Se invece non l’avessero, allora sì che gli ospedali bisognerebbe farli, ma saremmo in pieno Terzo Mondo.

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