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Ilva, quando il governo devasta l’industria - Seconda parte

Lo scudo che Di Maio nega è stato invece previsto per quei funzionari pubblici che, su input della politica, firmeranno la revoca delle concessioni alla società Autostrade. Roba da pazzi. Ma è tutto vero: il governo ha previsto uno scudo legale per i suoi dipendenti. E Di Maio non contento ha sostenuto non solo di volere togliere la concessione a un’azienda che ha un contratto in essere, ma – cosa altrettanto grave -, ha detto al mercato che dopo il suo intervento quell’azienda sarà «decotta». Non ci si può credere, ma è tutto vero. Atlantia gestisce autostrade in tutto il mondo, ha vinto appalti per aeroporti dalla Francia al Sud America, ha trentamila dipendenti. Che facciamo, diamo loro e a quelli dell’Ilva un bel reddito di cittadinanza e quattro cozze in omaggio?

In questo disastro, le aste dei titoli pubblici italiani vanno alla grande. Abbiamo piazzato 250 miliardi dei 400 che dobbiamo vendere ogni anno di Bot e Btp. I primi sono tornati a rendimenti negativi (è quasi difficile capire cosa voglia dire) e i buoni a dieci anni fruttano un misero 2 per cento, cioè mezzo punto percentuale in meno rispetto ai mesi scorsi: siamo al livello più basso da aprile 2018.

Il motivo è semplice. E si chiama Mario Draghi. Mettiamoci l’anima in pace. Fino a quando la Banca centrale europea farà una politica monetaria lasca (e cioè stamperà moneta con tassi bassi) anche il nostro indebitato Paese potrà vivacchiare. Nel breve periodo la finanza dipende solo dalla Bce. Il problema è il lungo periodo, è quello che riguarda le prossime generazioni. Che dovranno pensare a raccogliere i fiori più che a lavorare in un Paese in cui la sua classe dirigente si divide sullo spread e snobba la difesa di quel poco di industria che è rimasta.

Nicola Porro, Il Giornale 29 giugno 2019

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