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Inchiesta Covid, quali sono le vere colpe di Conte e Speranza

La procura di Bergamo indaga sulla gestione della zona rossa ma le vere responsabilità sul virus sono politiche

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Una volta si diceva: verba volant, etc. Oggi, grazie a internet, non è più così. Le sciocchezze pubblicamente dette rimangono scolpite come lettere sulla pietra. E tante son quelle che furono dette ai tempi della pandemia, massimamente dalle virostar. Alcuni continuano a dirle come, per esempio, in ordine alla recente notizia della magistratura di Bergamo che starebbe indagando sulle responsabilità di Speranza e di Conte. Dalle cronache si capisce poco o niente. E l’impressione è che la stessa magistratura ci capisca poco. Basti solo dire che, almeno da quel che ho letto in alcune note d’agenzia, l’accusa sarebbe che ci sarebbero stati 4148 morti in meno (una precisione che dice tutto sulle conoscenze di statistica di tutti i soggetti coinvolti, dagli inquirenti ai giornalisti) se fosse stata istituita per tempo, nel bergamasco, una zona rossa.

Giuseppe Conte sarebbe colpevole di non aver provveduto e Roberto Speranza si difende che egli in realtà aveva firmato il provvedimento. Mette sotto il tappeto, quest’ultimo, la circostanza che avrebbe potuto dimettersi visto che il suo presidente non dava seguito al provvedimento, mentre invece, lontano dal dimettersi, è rimasto appiccicato alla poltrona di ministro fino a quando gli italiani non lo hanno cacciato. Quindi nessuna scusa per Speranza. Da parte sua Conte lamenta: ma come, mi avete messo in croce perché attuavo troppi lockdown e ora mi incolpate di non averne ordinati abbastanza? Il capo dei Cinque stelle o ci è o ci fa. Perché la vera accusa da muovere a lui e al suo governo è un’altra. Come detto, non ho ben capito gli esatti termini di ciò che passa per la mente della magistratura, però posso dire quali sono le colpe dei due. Come sarà presto evidente, non scrivo parole col senno di poi. Perché, come detto, grazie a internet, tutto è registrato. Badate con attenzione alle date.

Per approfondire

All’inizio della pandemia m’ero accorto di cose che nessun giornale di carta stampata mi faceva scrivere, ma avevo avuto l’opportunità di lasciarle scritte nell’etere. E il 18 marzo 2020 scrivevo qui sulla Zuppa un pezzullo il cui titolo – «Il modello fallimentare di Conte» – dice tutto. Lamentavo, già il 18 marzo, la lentezza con cui Conte e Speranza avevano agito. Scrivevo che «La Sud Corea fin da subito» aveva agito. Mentre invece, continuavo «noi abbiamo avuto, in nome di un antirazzismo velleitario, sindaci grillini che hanno lasciato opzionale a studenti di rientro dalla Cina se andare a scuola o no, sindaci pidioti che hanno abbracciato cinesi di rientro dalla Cina, e ministri di Conte che hanno dato dello sciacallo razzista a Salvini che, correttamente, esortava di chiudere-chiudere-chiudere». Insomma, caro Conte, ti si accusa non di aver chiuso poco, ma di averlo fatto con colpevole ritardo, almeno tre settimane di ritardo, quanto basta per rendere le chiusure inutili.

Ed infatti nell’articolo del 28 aprile 2020 titolato «È servito il lockdown?» scrivevo: «V’è un altro Paese che invece sembra abbia domato il virus: la Sud Corea. I sudcoreani hanno agito rapidissimamente: fin dal 20 gennaio il loro governo ordinò la produzione in massa del necessario per eseguire i test, in modo da rapidamente individuare e isolare gli infetti, e tenerli sotto osservazione per immediato intervento sanitario. Risultato: con una popolazione solo di poco inferiore alla nostra, la Sud Corea ha avuto 20 volte meno casi e patito 100 volte meno morti che in Italia». E concludevo: «In conclusione, il lockdown non è stato né utile né necessario. Forse sarebbe stato utile se fosse stato implementato un mese prima, e chiudere la stalla prima che scappassero i buoi».

Invece, nel febbraio del 2020 Speranza così rispondeva a Fabio Fazio che gli chiedeva perché i cinesi avevano deciso il lockdown “anziché fare come noi”: «Guardi Fazio, sono scelte delle multinazionali. Noi escludiamo totalmente scenari apocalittici». L’apocalisse sarebbe arrivata dopo due settimane.

Salto altri successivi miei moccoli scagliati contro muri di gomma e cito solo quello del 22 ottobre 2020 titolato «Tra coprifuoco e ritardi i politici si son bevuti il cervello» che così si concludeva: «Cosa fare? Prendere atto che il patatràc fu fatto già in febbraio. Massimi responsabili: Conte e Speranza, Speranza e Conte. E se oggi il timore è, ancora, l’intasamento delle strutture sanitarie, la domanda è: cosa è stato fatto in questi mesi per evitare codesto intasamento? Ancora una volta: Conte e Speranza, Speranza e Conte. La loro colpa? Pura incapacità. Quando gli fu dato l’incarico, avrebbero dovuto dire: grazie, no, non sono all’altezza».

In definitiva, non so se la giustizia sentenzierà colpevoli quei due: posso solo dire che io, in cuor mio, li considero tali. Ho detto in cuor mio, ma l’organo motore è il cervello, e non ce ne vuole tanto: basta averlo sufficientemente aperto da accettare i FATTI. Fatemelo scrivere in maiuscolo, perché i fatti, solo i fatti, sono gli ultimi giudici. E, nel caso in parola, l’evidenza dei fatti si aveva già nel marzo del 2020.

Franco Battaglia, 10 marzo 2023

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