Politica

La festa ipocrita del 25 aprile festeggiatela voi

L’anniversario della Liberazione non è mai stata celebrazione completa e condivisa ma più un pretesto per ribadire l’egemonia della sinistra

25 aprile partigiani liberazione

A Torino, come ogni primavera, una masnada di balordi e teppisti dei centri sociali sfondano il cordone di polizia, pestano come chi sa di poterlo fare, risultato: sette agenti all’ospedale. Il governo esprime solidarietà agli sbirri mandati al macello ma non muove un dito per tutelarli: quanto ci vuole a chiudere il covo Askatasuna, responsabile dei casini, che sta nell’alone del terrorismo e dello spaccio e viene protetto dal Comune? Nelle università dettano legge i soliti che vorrebbero cancellare Israele, sul modello delle università americane: il governo esprime forte condanna, ma non muove un dito.

In Inghilterra un premier musulmano spedisce le migrazioni bibliche dei clandestini in Ruanda, con tutte le ragioni perché, uno un limite va pure posto, due questi non si integreranno mai, tre Londra ed altre città sono già ostaggio dell’Islam politico; l’Inghilterra ha avuto nel 2023 otto volte meno ingressi che in Italia, ma in Italia si continua a immaginare chissà quali piani miracolistici e gli sbarchi crescono imperterriti. In compenso, nelle città italiane a guida comunista, mentre i clandestini hanno totale libertà di azione violenta, i cittadini non possono guidare, mangiarsi un gelato, fumare all’aperto, in ossequio ai dettami sempre più paranoici e ladroneschi della Ue.

Se davvero dobbiamo celebrare una liberazione, dovrebbe essere da questi ed altri aspetti che divorano l’autonomia personale e collettiva. Certo, la ricorrenza della fine del regime, del ritorno alla libertà è sempre cosa buona, anche se dopo 80 anni andrebbe definitivamente ricondotta alla sua essenza memorialistica, senza stupidi parallelismi, senza allusioni e implicazioni idiote. Certo, sarebbe bello ritrovarsi tutti nel segno di una civiltà, di una libertà democratica che poi, all’osso, è quella del vivere e lasciar vivere, del tollerarsi a vicenda, del rispettarsi l’un l’altro. Fatto è che il 25 aprile non è mai stata celebrazione di popolo, completa, condivisa ma pretesto più o meno forcaiolo per ribadire l’egemonia di una sola parte. Quella parte. E più perdono nella consistenza sociale, nelle elezioni che si susseguono, più la prendono da lontano, ringhiosi, incarogniti. Celebrare cosa? La Liberazione dal fascismo eterno dei paranoidi e dei furbi? Le barricate degli affaristi come questo Scurati con la conduttrice Bortone, già nell’ufficio stampa del Pd? Non hanno stufato queste manfrine, non ha saturato questo pessimo teatro senza pretesa di credibilità?

Il compitino elementare di questo tipo che si prende sul serio a livelli ridicoli, letto e mitragliato in tutte le occasioni e commemorazioni: oggi anche dal padre di questa teppistoide ungherese, questa Salis in predicato di far la bella vita in Europa: e questa sarebbe la lotta eterna contro l’eterno fascismo? Mentre già si sente parlare di un libro scritto dal padre Roberto, sulla scia dei Gino Cecchettin, questo a quattro mani con la illuminata figlia, una professoressa che a 40 anni ancora va “a caccia di nazisti”? Se il 25 aprile come memoria non è mai stato granché, adesso siamo scaduti a livelli da avanspettacolo: “Per celebrare la Liberazione, incontro pubblico sugli animali con Giulia Innocenzi e la coppia Lucarelli-Biagiarelli”. Ogni occasione è buona, ogni riciclo è utile, ma di riciclo in riciclo si finisce nel ridicolo.

Questo Scurati con le sue fregole mercantili è uno che se la batte con Saviano, gente che senza timore di ridicolo dice: l’antifascismo sono io, ma ai tempi del fascismo democratico, dei coprifuoco che in privato gli stessi responsabili definivano “completamente inutile ma serve a terrorizzare la gente, a controllarla meglio e a dividerla”, Scurati esultava, faceva delle esaltazioni di Draghi oltre il grottesco e l’imbarazzante. E nessuno a sinistra ci trovava niente di strano. No, scusate, tenetevela per voi questa festa mesta, truce, ipocrita. E il primo maggio è anche peggio, coi soliti cantanti inetti, senza talento, che fanno la fila per esporre il pugnetto chiuso ma si scannano per un’ospitata, una partecipazione al Sanremo di regime, alla tivù di regime.

Celebrazioni del conformismo più bieco e mediocre, dove entra di tutto: l’appoggio ad Hamas, il nostalgismo brigatista, il mercatismo editoriale, la paranoia interessata verso la Meloni di turno, le elezioni europee, l’opportunismo manovriero, il teppismo ambientalista, i cambiamenti climatici, l’aprigiugno che si è rivelato un aprigennaio ma tocca sentire autentiche vaccate come la lotta al riscaldamento antropico in nome dell’antifascismo, teorizzata dai disagiati pagati per piangere sui social. E allora festeggiatevela tra voi questa ricorrenza che di libertario non ha niente, che ha le facce da yogurt degli Scurati e le Bortone, che è solo il ribollire imbruttito di chi immagina la libertà stalinista di vessare e di obbedire, di fare obbedire con le buone o con le cattive. Una cosa vera l’ha detta questo Roberto Salis, velocemente riconvertito dal sovranismo ungherese alle liturgie penose dell’Anpi: “L’antifascismo oggi è come quello di ottant’anni fa”. Quanto a dire una faccenda eternamente opportunistica, spesso familistica, priva di qualsiasi credibilità e dignità. Tenetevela per voi.

Max Del Papa, 25 aprile 2024

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