Salute

L’agenzia Ue: “Booster ai minori non serve”. Ma sono ‘costretti’ dal green pass

Il report dell’Ecdc sulla terza dose agli adolescenti: “Riduce di poco l’indice Rt”

Salute

Ecco uno dei più grandi paradossi della legislazione “green pass centrica” nella lotta italiana al coronavirus: se i nostri ragazzi sotto i 18 anni vogliono prendere un autobus, fare un qualsiasi sport, andare al ristorante, al cinema, al museo o a tagliarsi i capelli senza farsi un tampone, devono sottoporsi all’intero ciclo vaccinale. Servono tre dosi, ovviamente: solo in questo caso il loro lasciapassare avrà durata indefinita e non scade dopo sei mesi, come nel caso di chi s’è sottoposto solo a due giri di Pfizer & Moderna. Tre dosi “imposte” di fatto dalle restrizioni da super green pass ma che la massima istituzione medica europea, l’Ecdc, al momento sconsiglia caldamente. Il motivo? Costringere i ragazzi di età compresa tra i 12 e i 17 anni al booster non serve quasi a nulla.

Il report dell’Ecdc

Il verdetto del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie è stato emesso ieri ed è un pugno in faccia ai sostenitori della puntura sempre e comunque. Nessuno qui è contrario all’immunizzazione, sia chiaro. Ma occorre farlo con giudizio e senza tifoserie di sorta. Quando il 5 gennaio l’Aifa ha autorizzato il booster per i minorenni sopra i 12 anni lo aveva fatto precisando che non ve erano ancora “dati specifici per questa fascia d’età” sul corretto intervallo tra il ciclo vaccinale primario e la terza dose. E soprattutto che informazioni “di efficacia e sicurezza” sarebbero state oggetto di “costante monitoraggio”. Era dunque proprio necessario “correre” così tanto e andare alla caccia della terza dose? Non secondo l’Ecdc.

“Il booster ai minori? Riduce di poco l’Rt”

Un mese dopo, infatti, l’agenzia europea smonta l’utilità della decisione del ministero della Salute: “I modelli matematici – scrive – suggeriscono che l’impatto della somministrazione di una dose booster anti-Covid a ragazzi di età compresa tra 12 e 17 anni” comporta solo “una piccola riduzione (1-3%) dell’indice Rt nell’intera popolazione, variabile in base al livello di adesione al richiamo da parte degli adolescenti”.

In sostanza, la terza dose serve a poco o nulla nel contenimento dell’infezione. E visto che il rischio di ospedalizzazione e morte nei bambini è comunque “molto basso”, e che due dosi per ora sembrano bastare, “in questa fase la priorità dovrebbe essere ancora data al completamento dei cicli vaccinali primari nelle popolazioni in cui è raccomandato e alla somministrazione di booster ai gruppi prioritari, prima di considerare di offrire i richiami a 12-17enni senza patologie di base”.

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