Politica

Le 7 regole di Facci: perché non è obbligatorio dirsi antifascisti

facci antifascismo © northlightimages e aga7ta tramite Canva.com

È davvero necessario dichiararsi antifascisti? A sentire gli Scurati boys si direbbe di sì. Figurarsi se parlate con Roberto Saviano, Elly Schlein o Chiara Valerio. Ma secondo Filippo Facci, che fascista non lo è mai stato, la risposta è no. E in uno schematico articolo pubblicato oggi sul Giornale spiega per filo e per segno i sette motivi per cui non è affatto obbligatorio andare dietro all’Anpi ogni 25 aprile.

Il primo motivo, scrive Facci, è che mentre “il Fascismo è un riferimento storico a un periodo del passato”, ormai “l’antifascismo è divenuto un riferimento politico a un periodo del presente”. Quindi chi si dichiara fascista è fuori dalla realtà, e infatti gli svalvolati si contano sulle dita di una mano, mentre “dirsi antifascisti equivale a militare in determinati mondi (partiti, associazioni, giornali, centri sociali o culturali) coi quali un cittadino ha diritto di non volersi confondere o di non essere confuso”.

Secondo motivo. La Costituzione impedisce di creare un nuovo partito fascista, ma “non fa alcun riferimento all’antifascismo come forma permanente di attivismo, soprattutto consistente nel verificare il tasso di antifascismo altrui a scopo denigratorio”. Le ricorrenti patenti da antifà che intellettuali e studenti chiedono a destra e a manca non hanno insomma alcun valore legale.

Terzo. Ormai l’antifascismo viene “strumentalizzato”. “La Costituzione sancisce anche che uomini e donne hanno pari diritti – scrive Facci – ma questo non equivale a un dovere di dichiararsi «antisessisti» o «femministi» che sono espressioni sbocciate in periodi successivi e, come la militanza antifascista, politicamente connotate”. Chiarissimo.

Ci sono poi altri due motivi ben validi per fare il gesto dell’ombrello agli antifascisti in servizio permanente. Intanto ormai è una parola “vuota”, come spiega Massimo Cacciari, ed “è come dire che bisogna essere sempre onesti o che la mamma è buona”. Anche perché “il mondo contemporaneo non presenta blocchi sociali o interessi di classe che portino a totalitarismi fascisti come sono stati quelli del Novecento”. Inoltre, a chiedere a FdI di ripudiare un passato così lontano e che nulla c’entra col partito di Meloni sono spesso movimenti e politici che hanno “moltissimo da farsi perdonare (in un passato assai più recente) per politiche interne ed estere nei confronti di forze e nazioni che tenevano i loro missili puntati contro l’Italia”.

Infine, scrive Facci, ultimi due appunti. Intanto i “destri” che oggi siedono in parlamento sono gli eredi di quella AN che, a Fiuggi, fece pubblica abiura del fascismo. E poi, numero 7, “in termini strettamente politici, a meno di voler considerare l’intero corpo elettorale come una somma di microcefali, può dirsi che gli italiani abbiano storicizzato il fascismo assai più degli antifascisti i quali con quest’espressione hanno sostituito proposte, decenti opposizioni e buoni esiti elettorali”. Applausi.

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