Esteri

Le tensioni tra Cina e Taiwan

Le sospette scorte di grano cinesi. Pechino si prepara alla guerra?

Nuovo vertice Usa-Cina a Singapore. Pechino non vuole mollare la presa: Taiwan è cinese. E prosegue anche la politica autarchica del grano

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Si è appena concluso il vertice tra i due segretari della Difesa americana e cinese, Lloyd Austin e Wei Fenghe, in programma questo pomeriggio a Singapore. Dopo una breve telefonata di poche settimane fa, l’incontro di oggi è stato il primo faccia a faccia tra i rappresentanti dei rispettivi governi. I temi trattati sono stati numerosi: dalla guerra in Ucraina, in cui è intervenuto in videoconferenza anche il presidente Volodymyr Zelensky, alla sicurezza geopolitica dell’intero continente asiatico, seriamente messo in discussione dalle mire espansionistiche di Pechino.

Le mire espansionistiche cinesi

Negli ultimi anni, infatti, il Dragone ha perseguito una politica di chiaro stampo revanscistico, volta a riacquisire il possesso di tutte le terre “irridenti”, de iure Paesi indipendenti, ma de facto sotto l’onda satellitare della Cina. L’espansione non è solo economica, per mezzo dell’onnipresente Via della Seta, ma anche militare, sotto tutti i punti di vista.

Fallito il sistema “una Cina, due sistemi”, ideato da Deng Xiaoping per garantire a Hong Kong la propria indipendenza, pur sempre sotto lo spettro di Pechino, ecco che la prossima indirizzata è l’isola di Taiwan. E non è un caso che oggi, a Singapore, si sia tenuto un vero e proprio incontro di boxe, piuttosto che un vertice diplomatico.

Il vertice Usa-Cina

Il segretario cinese, infatti, ha messo in guardia sul fatto che “la Cina non esiterà a iniziare una guerra a qualunque costo“, se qualche Stato dovesse riconoscere l’indipendenza di Taipei – ipotesi esclusa dalla stessa Casa Bianca. Ma la minacce non finiscono qui: “Taiwan è parte della Cina e il principio della ‘Unica Cina’ è il fondamento politico delle relazioni sino-americane: è impossibile usare Taiwan per controllarci”. Immediata è stata la risposta del capo del Pentagono, che ha cercato di calmare gli animi, richiedendo al colosso asiatico di non “compiere ulteriori azioni destabilizzanti” nei confronti dell’isola di Formosa.

Insomma, la tensione è alta, percepibile, palpabile. La radioattività esistente tra le due superpotenze si comprende anche dalle recenti dichiarazioni del presidente americano, Joe Biden, il quale assicurò immediato sostegno militare a Taipei, nell’eventualità in cui Pechino dovesse intraprendere un’azione militare di aggressione nei suoi confronti. Non si parla di semplice invio di armi, come avviene tuttora con Kiev, bensì di una vera e propria escalation mondiale.

I preparativi cinesi

Nel frattempo, pare proprio che la Cina si stia preparando ad una guerra imminente. L’attuazione di una politica autarchica alimentare, soprattutto del grano, ben prima che scoppiasse la guerra in Ucraina, preoccupa il blocco atlantico ed i Paesi asiatici confinanti. Non è un caso che le riserve di grano nei silos cinesi abbiamo quasi raggiunto la cifra di 150 milioni di tonnellate. Tanto per fare un paragone, le riserve complessive di Ue, Stati Uniti, Australia e Canada raggiungono solo i 40 milioni di tonnellate. Quasi un quarto di quelle presenti su territorio cinese.

Allo stesso tempo, non è campata per aria neanche la politica di difesa che Uk e Usa stanno perseguendo con i propri partner asiatici. A settembre ’21, i due Paesi hanno hanno annunciato la nascita di Aukus, un partenariato strategico sottoscritto con l’Australia, che permetterà a quest’ultima di ottenere l’intelligence artificiale necessaria per la costruzione di sottomarini a propulsione nucleare. O, ancora, non è un caso l’alleanza Quad, il patto concluso – in piena attuazione solo dal 2017, seppur la sua formazione risalga al 2004 – tra Giappone, Stati Uniti, Australia ed India – nonostante la terzietà di quest’ultima, soprattutto dallo scoppio del conflitto tra Russia ed Ucraina – proprio per contenere le mire di Xi.

La ramificazione geopolitica dell’Asia “occidentale” e la contrapposta politica aggressiva, nonché autarchica, della Cina rendono il continente la terra della futura geopolitica, senza poter escludere escalation ben più preoccupanti, rispetto a quella attualmente vigente alle porte dell’Europa.

Pechino non si ferma e non si vorrà fermare. Il blocco atlantico sembra aver assunto consapevolezza degli obiettivi espansionistici del Dragone e si sta attivando per scongiurarne la loro attuazione. Ma saremo pronti ad affrontare anche le conseguenze più nefaste? Questo sarà tutto da scoprire.

Matteo Milanesi, 10 giugno 2022

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