Politica

Le tre assurde fantasticherie del reverendo Prodi

L’ex leader dell’Ulivo predica su Meloni, Schlein, la destra e la sinistra. Ma non ci ha capito un tubo

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Ho sempre avvertito un certo fastidio nell’ascoltare o leggere le prediche da bravo parroco della “Bassa” che hanno sempre caratterizzato l’eloquio di Romano Prodi. E la lunga intervista, che definire compiacente sarebbe poco, che il fondatore dell’Ulivo ha concesso a Repubblica, lo conferma pienamente.

In particolare, da esperto di un moderatismo che spara a palle incatenate col silenziatore, l’ex presidente del Consiglio, per ben due volte defenestrato dai membri di coalizioni in stile armata Brancaleone, ha cercato di far passare il concetto secondo cui la premier e il suo partito, Fratelli d’Italia, apparterrebbero a tutti gli effetti alla rinascente estrema destra europea. Ovviamente è riuscito nell’impresa di dire senza dire, rispondendo alla domanda “Giorgia Meloni ha scelto il trumpismo?”: “Non c’è dubbio. Cosa c’è meglio del trumpismo per legittimare la sua storia? È la stessa ragione per cui Musk legittima l’Afd, c’è un grande movimento di legittimazione delle estreme destre: un grave colpo a una democrazia già in crisi.”

Come si può osservare, Prodi usa in maniera magistrale la proprietà transitiva, evitando di attribuire direttamente alla destra italiana il marchio infamante del neofascismo, così come altri suoi colleghi di area hanno spesso fatto. Infatti, se Musk, braccio destro di Trump, legittima le estreme destre, e Meloni si schiera con la linea del rieletto capo della Casa Bianca, ciò ci porta a ritenere che quest’ultima appartenga a tutti gli effetti allo schieramento che si presume – ovviamente a sinistra – voglia riportare in auge il defunto nazifascismo.

Ma non basta, onde sostenere la tesi che sia in atto una sorta di golpe a scoppio ritardato da parte delle medesime destre, il nostro sostiene che vi sia stato un uso distorto del suffragio universale. Tant’è che a suo dire sta passando il principio secondo cui “se vinci le elezioni puoi fare quel che vuoi. Il voto legittima il comportamento autoritario, lo strumento principe della democrazia viene usato per uccidere la democrazia.”

Ma a parte una battutina en passant sullo scontro tra la politica e una parte del potere giudiziario, evitando di prendere una chiara posizione, pur manifestando una certa preoccupazione per un “Parlamento sempre più periferico e una magistratura sempre più attaccata”, Prodi raggiunge il culmine del deja vu programmatico elencando i punti salienti sui cui compattare un ipotetico e molto allargato fronte riformista: “Quel che si può fare è cercare quattro grandi problemi sui quali trovare una visione comune: sanità, casa, scuola, lavoro”. In pratica grosso modo la stessa fuffa, sebbene espressa con un rassicurante tono curiale, con la quale ci stanno sbomballando i maroni h24 gli estremisti dell’opposizione politico-sindacale, capeggiati da Elly Schlein e Maurizio Landini.

Forse il nostro buon parroco di campagna ignora che il nostro debito pubblico ha sfondato la soglia psicologica dei tremila miliardi di euro, riducendo ulteriormente, insieme alle follie commesse durante la pandemia, lo spazio fiscale di qualunque governo. Ciò significa che l’utopia dei pasti gratis ce la possiamo dimenticare per un bel pezzo, caro professore, soprattutto in un sistema che ancora oggi, nonostante la linea di bilancio molto accorta adottata dall’attuale maggioranza, ha uno spread sui titoli di Stato più alto di quello della Grecia, grazie proprio alle forsennate misure adottate a suo tempo da chi oggi vorrebbe dettare legge all’interno del cosiddetto campo largo, ultima filiazione degli eredi dell’Ulivo.

Claudio Romiti, 2 febbraio 2025

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