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Leonora è morta sola: omicidio colposo?

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La fine di “Leonora”, l’anziana deceduta sabato nella struttura riabilitativa di Villa Betania a Roma, raccontata su questo sito dalla coautrice di questo articolo, non finirà con un semplice funerale. Non subito, comunque: a seguito della denuncia dei parenti, e forse anche dell’eco suscitata dal racconto di una morte straziante e, forse, evitabile, i fatti hanno subìto una accelerazione significativa. La magistratura ha bloccato le esequie, disponendo l’autopsia sul corpo di “Leonora”, all’anagrafe L. G., 81 anni, e affidando l’atto a un laboratorio esterno alla clinica del decesso, che pure si era dichiarata disponibile a procedere tramite sanitari interni; invece anche l’anatomopatologo incaricato sarà terzo, il che la dice lunga sulle perplessità degli inquirenti.

Omicidio colposo?

L’ipotesi contemplata è quella di omicidio colposo, anche se, allo stato iniziale, a carico di ignoti, vale a dire senza indagati precisi. Ma la novità più dirompente è un’altra: risulterebbe, infatti, il sequestro di ulteriori cartelle, relative ad altrettanti ex pazienti del complesso sanitario; il che lascia intuire una pregressa attenzione da parte degli investigatori: in questo senso, la morte di “Leonora” avrebbe semplicemente provocato una maturazione negli atti di indagine.

Plurime sono le circostanze lamentate dai familiari nella loro denuncia, prima fra tutte l’impossibilità di raggiungere fisicamente e perfino di vedere la congiunta, sebbene la presenza dei parenti, per una paziente con demenza, fosse essenziale al buon esito delle terapie e a impedire un peggioramento dell’intero quadro clinico. Neppure a fronte di un aggravamento, comunicato in forma rassicurante appena un’ora prima del decesso, alle figlie sarebbe stato permesso di accostarsi al letto della madre. Salvo registrare il traumatico esito fatale: dalle rassicurazioni di rito alla constatazione dell’inevitabile nell’arco di neppure un’ora. Le stesse metodologie, le modalità del ricovero non sfuggono alle accuse dei figli: la donna, affetta da problemi respiratori e cardiaci, presentava un quadro clinico giudicato soddisfacente dai sanitari del Santo Spirito, dal quale proveniva a seguito di una degenza causata da una frattura e per fibrillazione atriale, comunque stabilizzata. Eppure, nonostante l’evidente stato di debolezza – attribuita all’ipersedazione – sarebbe stata alimentata per via parentale, ossia endovenosa – solo dalla mattina del suo ultimo giorno di vita.

Isolamento

Dal Santo Spirito era arrivata a Villa Betania con buona autonomia almeno per le funzioni minime, insistono i parenti i quali, quasi nell’immediatezza del trasferimento, sarebbero stati informati di una insorgente apatia, attribuita da personale interno alla continua sedazione: il timore, tutto da dimostrare, è che l’isolamento abbia potuto causare un tracollo psicofisico fatale. Quel che risulta da accertare è anche la corretta applicazione del monitoraggio in prossimità del decesso: non è chiaro, infatti, se i macchinari per misurare la saturazione e il battito cardiaco risultassero attivati.

La direzione di Villa Betania aveva giustificato l’impossibilità di ricevere visite con le recenti prescrizioni governative anticovid, e anche su questo i familiari danno battaglia, tramite il loro legale, non ravvisando indicazioni tassative in questo senso; di più, viene contestata una carenza di informazioni nel quadro più generale di un approccio, si afferma, quantomeno distante da parte della struttura; nella denuncia si lamentano inoltre le condizioni fisiche dell’anziana, vincolata a prolungata immobilità e sulla quale sarebbero stati rinvenuti segni e lividi, oltre alla solitudine totale che l’avrebbe velocemente consumata.

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