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L’Ordine mi processa: ho intervistato un viceministro ucraino

Il consiglio di disciplina dell’Ordine dei giornalisti apre un procedimento disciplinare nei miei confronti

porro ordine dei giornalisti

La notizia è clamorosa, ma è difficile dire se sia tragica o comica. Forse entrambe. Sintesi: Nicola Porro, il sottoscritto, il 4 luglio prossimo dovrà presentarsi di fronte all’Ordine dei Giornalisti della Lombardia. Direte voi: cosa potrà aver mai fatto il cuoco di questa Zuppa? Chi avrà mai offeso, insultato, aggredito verbalmente? Nessuno. Tenetevi forte: devo presentarmi di fronte all’Ordine per rispondere a chi mi contesta di aver realizzato un’intervista.

Avete capito bene: un’intervista. Come scrive l’HuffingtonPost, il consiglio di disciplina milanese ha aperto un procedimento disciplinare nei miei confronti perché il 22 maggio del 2022 ho intervistato a Quarta Repubblica la viceministra degli Esteri ucraina, Emine Dzhaparova, senza il contraddittorio. Chiaro? A parte che in trasmissione era presente pure Toni Capuozzo, che da buon giornalista qualche domanda critica alla ministra l’ha fatta eccome. Ma anche non ci fosse stato, stiamo comunque raggiungendo livelli inimmaginabili. Anzi: si sta perdendo il senso della realtà. Non solo perché ogni giorno centinaia di politici, in Italia e non solo, vengono regolarmente intervistati in solitaria. Ma anche perché in questo caso parliamo di una persona che ha il proprio Paese sotto le bombe.

Non so chi abbia presentato l’esposto. Nella lettera dell’Ordine c’è scritto che il soggetto in questione ritiene che la viceministra ucraina abbia negato durante l’intervista la guerra civile in Donbass. E che io avrei invitato solo ospiti “allineati con l’intervistata” e fatto cadere nel vuoto una domanda di Toni Capuozzo, domanda a cui in realtà Dzhaparova ha risposto. Tuttavia mi domando: che senso ha aprire una contestazione deontologica per chiedere conto di come sia stata condotta un’intervista? Il prodotto può essere buono o cattivo, egregio o pessimo, non certo oggetto di censura deontologica. Il principio è semplice: se la linea diventa questa, il sottoscritto corre il rischio di dover passare tutte le settimane davanti alla commissione di disciplina per spiegare il modo in cui fa le interviste. Non è una cosa mostruosa? Certo, se poi il consiglio di disciplina chiama, bisognerà pur presentarsi. Ma mi chiedo che senso abbia farne parte. E soprattutto spero non mi vengano a dire che si tratta “di un atto dovuto”: l’atto dovuto è la foglia di fico dietro la quale si nasconde l’intimidazione.

Come sapete, peraltro, pochi giorni fa sono stato massacrato perché – secondo i social – non avrei stretto la mano a Volodymyr Zelensky durante l’intervista a Porta a Porta. Tutto falso, ovviamente: Cartabellotta può controllare i video meglio, se crede. Ma sorrido all’idea che adesso mi si accusi pure dell’esatto opposto. Riassumo: sarei “colpevole” di non aver salutato il presidente ucraino, ma anche di aver intervistato un viceministro ucraino senza contraddittorio. Non è ridicolo? Sono due accuse infamanti e opposte tra loro. Agli shit-storm sui social sono abituato, ma qui ci troviamo su un piano molto pericoloso.

Nicola Porro, 22 maggio 2023

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