L’ultima dei giornali: chi non si vaccina è un microbo

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“L’Ebreo è la larva di un corpo in corruzione, una pestilenza peggio della peste nera del passato, un portatore di bacilli della peggior specie, l’eterno fungo divisore della umanità, il ragno che succhia il sangue delle nazioni, il sorcio che si batte a sangue, il parassita nel corpo delle nazioni che va a moltiplicarsi come un microbo dannoso”

Mi sono venute in mente, queste allucinate metafore animalesche e mediche, tratte ovviamente dal Mein Kampf di Hitler, quando domenica mattina ho letto questo titolo della Stampa: “Nelle piazze il virus dei no-pass”. Caspita, mi sono detto, io che mi sono vaccinato a marzo e poi a maggio, che non sono contro i vaccini e anzi invito a disporne ma che trovo grottesco il green pass, sarei un virus? E cosi come me, diverse centinaia di migliaia di persone, non solo in Italia, ma in Uk, in Francia, in Australia, tutte scese in piazza in questi giorni?

Il titolo del giornale che fu di Primo Levi e che è diretto da Massimo Giannini, uno che discetta cosa sia la sinistra, ha finito per adottare il nucleo fondante del linguaggio totalitario nazional socialista: la riduzione dell’avversario non tanto a nemico quanto a malattia, l’essere umano considerato come un virus oppure, come scriveva Hitler, “microbo dannoso”. Ma se i no-pass sono dei “virus” o dei ‘microbi dannosi “ non solo è inutile dialogare con loro ma vanno debellati, e con i metodi spicci. Essi diventano il “nemico oggettivo” che, scrive Hanna Arendt ne Le origini del totalitarismo “non è un individuo da provocare per smascherarne le idee pericolose o da sospettare per il suo passato, bensì un “portatore di tendenze”, non dissimile dal portatore di una malattia”.

Ora è vero che negli ultimi anni abbiamo letto di virus populista, virus autoritario (solo ad Est, per carità!) e il termine “virale” associato a un post o a un tweet è cosa lodevole per chi la fa, ma Massimo Giannini è andato oltre: ha scritto che alcune persone in carne ed ossa sarebbero virus, microbi, batteri. E mi sembra abbia cosi varcato una soglia che neanche il virologo Burioni con il suo tweet sui “sorci”, cosi definiti gli scettici del vaccino. A parte che un tweet è cosa assai diversa da un titolo di giornale, la riduzione del nemico ad animale ed insetto è cosa certo grave, ma assai più comune. Uno dei maestri politici del direttore della Stampa, Palmiro Togliatti, trattava gli avversarsi da “pidocchi” e da “larve” ad esempio. Ma l’utilizzo delle metafore epidemiologiche riferito a persone (e non a tendenze) è qualcosa di più: è linguaggio nazional socialista.

E su un quotidiano che è stato, per molti decenni, una delle voci più alte del liberalismo italiano. La campagna isterica del media unico del green pass ha infatti già lasciato sul terreno il liberalismo italiano. Che non è mai stata una tendenza diffusa tra noi ma a cui il covid isteria e ora la pass isteria hanno dato il colpo di grazia. Che divertimento, ad esempio, leggere interventi di auto sedicenti liberali discettare sulla “vera libertà”  un grandissimo (e attualissimo) conservatore come Monaldo Leopardi lo utilizzava ampiamente nella sua battaglia contro i liberali del suo tempo.

Sento già l’obiezione: ma quelli non sarebbero “veri liberali”. Tipico dei liberali emettere o ritirare patenti di liberalismo, cosicché potenzialmente ogni liberale crede di essere il solo, unico, vero,  sulla faccia della terra. Ma almeno vorrete riconoscere che Angelo Panebianco lo è, no? Ebbene sul Corriere della sera di oggi, il nostro non solo mette tutto in un fascio, complottisti, no vax, critici del green pass e neo nazisti (?), come uno Scanzi qualsiasi, ma descrive questo “unico blocco reazionario” per usare il linguaggio comunista, come costituito da gente il cui lideale di società “sembra quello di una grande stanza affollata da gente che strepita e si lancia addosso uova, ortaggi e qualunque cosa a disposizione”. Meglio lanciatori di ortaggi che microbi, ne converrete: ma questo è, ad oggi, il livello del liberalismo e del pensiero di sinistra sulla stampa italiana.

Marco Gervasoni, 26 luglio 2021

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