Appunti sudamericani

Maduro esporta bande criminali

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Cuba al sesto giorno di manifestazioni: Díaz-Canel “stop alle proteste controrivoluzionarie”

Da quando Ian si è abbattuto sull’isola, i cubani della capitale e di altre città hanno iniziato a marciare sbattendo pentole e padelle, bloccando le strade e chiedendo al governo di ripristinare elettricità e acqua, scandendo il grido “Libertà!”. Ieri Díaz-Canel ha definito le proteste “indecenti”. “Non possiamo permettere manifestazioni di questo tipo senza alcuna legittimità”, ha aggiunto, definendole “controrivoluzionarie” e “finanziate dall’estero”.

Dopo avere chiuso internet giovedì e venerdì scorsi, nel fine settimana sono iniziate a circolare immagini della repressione. I video mostrano reclute e agenti del Ministero degli Interni in borghese armati di bastoni che picchiano e arrestano manifestanti pacifici che avevano bloccato la Avenida Línea e cantavano per la libertà nel quartiere dell’Avana di El Vedado. Altri video mostrano due camion militari che trasportano gli agenti e una folla inferocita che urla “marionetas” (burattini) contro i funzionari governativi che disperdevano la manifestazione. “Hanno iniziato a picchiare anche i minori, adolescenti di 15 e 16 anni. La repressione è stata brutale”, ha dichiarato Adrián Cruz, attivista noto come Tata Poet, tra gli arrestati a El Vedado.

Le forze di sicurezza hanno picchiato così duramente un giovane da “sfigurargli il viso” mentre la sua ragazza, l’artista circense Rosmery Almeda, è stata detenuta. Tra gli arrestati anche Cristian Hernández Villavicencio, 12 anni, sceso in strada a protestare a Santa Clara. Il minore è stato rinchiuso per 25 ore nella Direzione per la rieducazione dei minori del regime. I cubani chiedono non solo la fine dei blackout elettrici a livello nazionale – un problema enorme già molto prima dell’uragano Ian– ma la libertà dal regime comunista che li opprime da 63 anni. Per tutto l’ultimo fine settimana, il regime ha schierato le sue brigate di risposta rapida composte da giovani armati di bastoni ed i Berretti Neri per reprimere i manifestanti al canto di “Fidel, siamo con te!” Gerardo Hernández Nordelo, una spia del regime responsabile della morte di cittadini statunitensi che l’ex presidente Obama ha liberato durante la sua apertura del 2015, ieri ha criticato duramente i manifestanti su Twitter, elogiando il “lavoro di recupero” del regime. Anche Lis Cuesta Peraza, la moglie di Díaz-Canel, ha usato Twitter per dire che il popolo deve fare “tutto il necessario per superare la crisi di Cuba, tutto tranne la resa della Rivoluzione!”.

Maduro esporta bande criminali nelle Americhe

Oltre che per il suo petrolio e le sue belle donne, il Venezuela si distingue anche per l’esportazione di grandi bande di criminalità organizzata nelle Americhe. La maggiore è il Tren de Aragua, sostenuto dal chavismo e che ha esteso i suoi tentacoli in Argentina, Bolivia, Brasile, Colombia, Cile, Ecuador e Perù e sta cercando di espandersi in America Centrale. Il Tren de Aragua nasce come sindacato per la costruzione del Treno omonimo, promosso da Chávez e mai concluso. Fallite le ferrovie, i membri del sindacato passano alla criminalità organizzata sotto l’amministrazione dell’allora governatore di Aragua, Tareck el Aissami, attualmente ministro del Petrolio e dell’Industria di Maduro. La struttura della banda non è piramidale ma orizzontale, come nei franchising  e opera come la guerriglia di sinistra, dove ogni cellula è indipendente e non conosce i nomi dei membri dell’intera rete. Ma tutti i membri conoscono il capo del Tren de Aragua, il “Niño Guerrero” che gestisce la banda dalla sua cella nel carcere di Tocorón, a due ore da Caracas.

Guerrero ha trasformato il Tocorón nella sua base per le attività criminali. “Ricevono il sostegno del chavismo e si espandono in America Latina all’ombra della diaspora”, denuncia il giornalista investigativo Javier Ignacio Mayorca, autore del sito web “Crímenes sin castigo”. Media specializzati come “Insight Crime” descrivono il Tren de Aragua come una “minaccia criminale transnazionale” e stimano che il numero dei suoi membri superi le 5.000 unità. A Bogotá, la rivista “Semana” ha pubblicato informazioni sul modo sanguinario in cui la banda agisce. “Trafficanti, estorsori, torturatori e brutali assassini del gruppo criminale hanno preso il controllo della capitale. Hanno l’ordine, dal Venezuela, di uccidere i criminali di altre organizzazioni”, denuncia ‘Semana’. Iván Simonovis, ex commissario speciale per la sicurezza e l’intelligence del governo parallelo di Guaidó, avverte: “non è un segreto che gruppi criminali, terroristici e guerriglieri abbiano una doppia nazionalità con carta d’identità venezuelana”. A suo avviso, “il regime chavista finge di combattere il crimine, ma il governo di Maduro ne ha bisogno perché sono una forma di controllo sociale che sfugge dalle sue mani”.

Blinken: “Gli Usa sostengono l’approccio olistico di Petro contro la droga”

Il segretario di Stato americano Antony Blinken è in America Latina e ieri ha incontrato a Bogotá il presidente Petro, che critica apertamente la politica antidroga di Washington essendo a favore della legalizzazione. Blinken ha sorprendentemente dichiarato che per quanto riguarda la lotta al traffico di droga, gli Stati Uniti sostengono l'”approccio olistico” di Petro. “Siamo in sintonia su questo, stiamo entrambi pensando ad approcci globali, non esiste un’unica soluzione per tutti i problemi”, ha detto Blinken. Petro vuole risolvere il problema della droga attraverso una riforma agraria e la sostituzione delle colture illecite, strategie che si sono già riflesse nell’accordo di pace del 2016 tra lo Stato colombiano e le FARC. Gli Stati Uniti hanno donato più di un miliardo di dollari per implementarlo e secondo Petro la riforma agraria è un “disincentivo alla produzione di foglie di coca”.

Haiti nel caos: la popolazione vuole che il premier Henry se ne vada

“Ariel deve andare” e “Libertà” sono gli slogan dei manifestanti scesi ieri nelle strade di Pétion-ville, quartiere della periferia sud-occidentale della capitale haitiana. Accompagnati da una popolare banda musicale, molte delle persone presenti hanno allestito barricate che hanno poi dato alle fiamme. Ieri ad Haiti doveva iniziare l’anno scolastico ma non è stato possibile a causa del forte deterioramento della crisi sociopolitica, economica, sanitaria e della violenza nel Paese. A Port-au-Prince le attività sono paralizzate e le proteste di piazza si moltiplicano in tutto il Paese, dopo l’annuncio 4 settimane fa dell’aumento del prezzo del carburante, con incendi e saccheggi a istituzioni pubbliche, aziende private e organizzazioni umanitarie. Pechino ha chiesto all’ONU punizioni contro le gang e i loro leader e di imporre un embargo sulla vendita di armi per arginare la violenza. L’inviata delle Nazioni Unite nel Paese, Helen LaLime, ha avvertito il Consiglio di sicurezza che negli ultimi giorni “una crisi economica, una guerra tra gang e una crisi politica sono confluite in una catastrofe umanitaria”.

Ecuador: almeno 15 morti e 21 nell’ennesima rivolta in un carcere

Lo scontro è avvenuto nel carcere numero 1 di Cotopaxi. Il numero delle vittime è “preliminare”. La rivolta è scoppiata ieri. Con le vittime registrate ieri, il numero dei prigionieri morti nelle carceri ecuadoriane da inizio del 2022 supera già il centinaio.

Paolo Manzo, 4 ottobre 2022

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