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Mafia, perché Nordio vuole rimodulare il ‘concorso esterno’

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Il Guardasigilli nuova vittima della macchina propagandistica della sinistra. La sua colpa? Aver affermato che il reato di concorso esterno in associazione mafiosa va “rimodulato”. Martedì scorso, il ministro, partecipando in un dibattito organizzato da Fratelli d’Italia in piazza a Roma, ha paventato la possibilità di rimodulare il cosiddetto concorso esterno in associazione mafiosa. Nordio ha dichiarato che il concorso esterno non esiste come reato nel codice penale, ma è una creazione della giurisprudenza. Ha aggiunto inoltre: “Perché il concetto di concorso esterno è contraddittorio, ecco l’ossimoro, perché se sei concorrente non sei esterno, e se sei esterno non sei concorrente. Ecco, noi non vogliamo eliminare, noi sappiamo benissimo che si può essere mafiosi all’interno dell’organizzazione e si può essere favoreggiatori all’esterno dell’organizzazione, ma allora va rimodulato completamente il reato”.

Ragionando su termini meramente tecnici, il problema è questo: il concorso esterno in associazione mafiosa non esiste come fattispecie autonoma; dunque non è previsto in nessun articolo del codice penale. Piuttosto, la sua creazione giurisprudenziale si basa sull’utilizzo dell’articolo 110, che disciplina il concorso di persone nel reato, al quale viene congiunto l’articolo 416 bis, che riguarda le “associazioni di tipo mafioso, anche straniere”.

Perché parliamo di concorso “esterno”? Perché il sopracitato art.110 viene utilizzato, in questo caso, proprio per indicare il contributo “esterno” all’associazione, ossia quello del soggetto che, pur non essendo parte dell’organizzazione mafiosa, in qualche modo collabora con essa per la commissione del reato. Un esempio di scuola può essere quello del politico locale che, pur non essendo formalmente associato alla mafia, bandisce una gara d’appalto ad hoc per favorire un’associazione mafiosa determinando il rafforzamento economico della stessa.

Qual è il pericolo denunciato da Nordio allora? I reati associativi come l’associazione mafiosa servono già di per sé a punire un “concorso” a quei reati, a vario titolo. Il rischio che una mancata codificazione del concorso esterno può portare è quello di ampliare eccessivamente le circostanze nelle quali il reato viene commesso. Per questo è necessaria una regolamentazione del reato, inserendolo nel codice penale. Tutto ciò nonostante le critiche, per carità, legittime, al ministro, arrivate sia da alcuni quotidiani (La Repubblica e Il Fatto Quotidiano su tutti) sia da ex colleghi entrati in politica, come Pietro Grasso, ex procuratore della Repubblica a Palermo, successivamente procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo e anche ex presidente del Senato.

Dispiace constatare infine come ci sia chi collega la proposta di istituire una nuova fattispecie riguardante il concorso esterno con un tentativo del governo di strizzare un occhio alla mafia. La lotta alla mafia, serve ripeterlo forse, non ha colore politico e come ci sono stati, purtroppo, tanti politici di ogni colore che hanno favorito la mafia, ce ne sono stati anche tanti che l’hanno combattuta. Inoltre, nessuno si aspetta ad esempio che siano riconosciuti onori al governo Meloni se pochi mesi fa uno dei più pericolosi latitanti al mondo come Matteo Messina Denaro è stato arrestato. O che vengano tessute le lodi solo ai vari governi Berlusconi che arrivarono a confiscare la cifra record di venticinque miliardi di euro alla mafia. Non sarebbe corretto.

I meriti vanno sempre spartiti con il lavoro svolto dagli altri governi, oltre che con lo straordinario operato di forze dell’ordine e magistratura. Ma un po’ di coerenza, e un’attenta consultazione dei libri di storia sarebbero forse consigliati a chi parla di favori alla mafia da parte di questo governo. Le critiche sono sacrosante, il rispetto però viene prima di tutto.

LC, 15 luglio 2023