Giustizia

“Messina Denaro il re di Cosa Nostra”. Ma il pm smentisce Saviano

L’esperto di mafia Roberto Saviano definisce Denaro il “re di Cosa Nostra”. Ma la realtà delineata dai pm è un’altra

Il grande esperto di mafia prende un abbaglio. Chiamatelo “scivolone”, se volete. O coincidenza succulenta. Ma mentre in un video del Corriere della Sera, Roberto Saviano predicava sulla cattura di Matteo Messina Denaro definendolo il “Re di Cosa Nostra”, chi era sul campo ad indagare per anni smentiva lo scrittore in diretta tv mondiale.

Piccolo passo indietro. Il 16 gennaio 2023 l’ultima “primula rossa” della mafia è caduta. A trent’anni dall’inizio della sua latitanza, Matteo Messina Denaro è stato finalmente catturato dallo Stato, con un’operazione guidata dai procuratori De Lucia e Guido, con l’ausilio dei Carabinieri. Proprio i pm, nella giornata di ieri, hanno proposto il 41bis per U Siccu, affermando come “le condizioni sono compatibili con la detenzione in carcere”. Struttura penitenziaria di cui ancora non si conosce il nome.

L’affarista – così come lo definì il padrino Totò Riina – rappresentava “un capo operativo, con un ruolo di garanzia importante proprio per la gestione degli affari”, ha specificato il procuratore De Lucia, che poi ha lanciato una stoccata verso chi, in queste ultime ore, ha parlato di una presunta leadership di Messina Denaro sull’intera organizzazione di Cosa Nostra: “Matteo Messina Denaro era un capo operativo, ma la leadership di cosa nostra non era esclusiva di Messina Denaro“.

Il perché lo ha spiegato chiaramente all’Agi il magistrato Alfonso Sabella: “Non vedo dei grandi cambiamenti al vertice di Cosa Nostra, a seguito dell’arresto di Matteo Messina Denaro. Lui non era il capo assoluto, secondo il mio parere, e poi perché Cosa Nostra ci ha abituato a metabolizzare bene gli arresti che subisce”.

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Eppure, pare che il messaggio non sia stato recepito da Roberto Saviano, il quale invece ha subito parlato di Messina Denaro come di “un re”. “Cosa Nostra – ha detto lo scrittore – per suo statuto interno elegge un re. Riina è morto sovrano, in carcere ma morto sovrano. Riina muore capo, Provenzano muore capo. Messina Denaro è stato arrestato come capo di una organizzazione in affanno“.

Ma la realtà pare essere ben diversa rispetto a quella delineata dall’autore di Gomorra. Sono gli stessi procuratori che hanno portato all’arresto del superboss ad affermare come, proprio per statuto interno, il leader di Cosa Nostra deve essere palermitano. Messina Denaro è nato nel 1963 a Castelvetrano, in provincia di Trapani, e quindi de facto non poteva ricoprire un ruolo assoluto – equiparato a quello di Riina e Provenzano – all’interno dell’associazione mafiosa.

Ma Saviano non molla la presa: “In questo momento, è ancora re e se non si pente lo resterà. Sono diversi i nomi dei possibili eredi. C’è prima di tutto Giovanni Motisi, siciliano di Palermo del ’59 che da anni si sente capo di Cosa Nostra, ha partecipato ai grandi eventi criminali corleonesi, latitante dal 1998. Killer e quindi uomo che ha la qualità del capo, uccidere ma gestire forse no. Sarà probabilmente il vice re ma difficile il re, un re paragonabile ai precedenti”.

C’è però un’altra caduta nelle parole dello scrittore. Saviano, infatti, sostiene che lo Stato “da giorni sapeva dov’era, cosa faceva, che aveva l’appuntamento all’ospedale”. Eppure, in conferenza stampa, il comandante Angelosanto ha confessato che solo ieri mattina “abbiamo avuto veramente il riscontro dell’identità del latitante. Durante le feste natalizie si è lavorato su questa ipotesi con la Procura”. Uno scenario ben diverso rispetto a quella tratteggiato da Roberto Saviano, che poi attacca frontalmente il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi: “Lo hanno detto probabilmente al ministro Piantedosi, che per intestarsi questa vittoria nella foga ha rischiato di far saltare tutto dicendo: Vorrei essere il ministro che arresta Mattia Messina Denaro, cosa pericolosissima. Forse, è messo male”.

Matteo Milanesi, 17 gennaio 2023

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