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Nel 1989 finiva il comunismo. Ma non si celebra - Seconda parte

Nel frattempo la globalizzazione, l’estensione del libero mercato all’intero pianeta, ha mostrato le sue crepe proprio in Europa. Cosa dire ai perdenti della globalizzazione, dipendenti statali con la pensione erosa da tasse, operai licenziati da industrie andate all’estero, braccianti che subiscono la concorrenza della massa di schiavi deportati dall’Africa sui barconi? A proposito di immigrazione: come si concilia la libertà di movimento con la necessità di non esserne travolti? L’integrazione: come si concilia la libertà di coltivare le proprie tradizioni, rivendicata dagli immigrati, con la necessità di conservare le nostre? Il mercato è bello. Ma può funzionare se io lascio fallire le mie banche e il mio vicino invece le salva? Senza dimenticare la Rete che pone dilemmi inediti, dalla privacy ai monopoli. Cosa sono, in termini culturali ma anche giuridici, colossi come Facebook e Google? Facebook promette di «battere moneta» virtuale: diventa uno Stato transnazionale?

Tutti questi problemi si potrebbero affrontare se l’Occidente fosse ancora convinto dei propri valori. Fiducia nell’individuo, libertà, cristianesimo. Il comunismo era l’opposto: uniformità, oppressione statale, ateismo. Nel 1989 ha vinto il modello migliore, sicuramente perfettibile ma migliore. Il problema è che noi stessi non ci crediamo fino in fondo. Impariamo dal 1989.

Alessandro Gnocchi, Il Giornale 20 giugno 2019

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