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Ocasio Cortez contro il fagiolo “razzista”

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Tre camere a Manhattan. No, non quelle di Simenon, l’eccelso. Le altre, di AOC, in arte Alexandra Ocasio Cortez, di professione ricca, annoiata e, se non dispiace, sciocca. Non ho detto gnocca, ma sciocca, sciocca, sciocca, insomma: dem. Quando pensi di averle sentite tutte, AOC se ne esce con una nuova cazzata. Quando pensi non sia possibile superarla, AOC ti stupisce. Sempre. Una volta ha ipotizzato una riforma in senso ultrastatalista del sistema americano, roba che avrebbe fatto inorridire lo stesso Marx; hanno fatto due conti, tanto per sapere: veniva a costare due o tre triliardi di dollari. Altro che riforma, più sformato di così, sembra un aborto, chioserebbe il conte Maschetti.

Difatti, AOC è la stessa che vuole impedire le nascite per non guastare l’ambiente. Delle conseguenze, regalmente, la signorina non si cura, men che meno di ordine finanziario: che ne può sapere, una nata nel centro di New York, che la ricchezza non cresce sopra gli attici? Del resto, come diceva Indro Montanelli, se sapessero di economia non sarebbero socialisti. AOC con le tre camere più servizi a Manhattan è la spalla ideale del nostro Roby Saviano, scrittore neomelodico vista Central Park: logorroici, faziosi, presuntuosi, impraticabili, improponibili, sempre a Ocasio di cane. E questo è giusto per introdurre la personaggia.

Perché AOC ce le ha tutte: è contro Donald Trump, contro il sessismo, contro il liberismo, contro il fascismo, contro le diseguaglianze, contro le figliolanze, contro la famiglia tradizionale, contro il guadagno, contro la ricchezza (degli altri), contro la povertà (quella sua), contro i cambiamenti climatici, contro il lessico, contro la logica, contro l’intelligenza (sempre quella sua). E, se non ci credete, sentite un po’ questa: a corto di bersagli, l’annoiata fanatica s’è scagliata contro Goya Foods, colosso della ristorazione di origine ispanica che negli Stati Uniti rifocilla i latinos da generazioni. Un orrore, un incubo, ma la AOC vestita Y desnuda non transige. La colpa? Avere speso parole di stima, da parte dell’amministratore delegato, nei confronti di Donald Trump, che per AOC è un po’ quello che Salvini è per il Trav (c’era una volta Berlusconi, ma è in via di rapida riabilitazione). Apriti cielo! AOC, che è di origine portoricana, non s’è tenuta più e, come una Erinni, ha lanciato il boicottaggio al prestigioso marchio in odore di razzismo, fondamentalismo e vai cor tango, a Pomà.

Faccenda grottesca, sull’idiota andante, ma in questi disgraziati tempi di politicamente demente l’idiota rampante fa tendenza: così AOC si è riguadagnata il quarto d’ora. Non contenta, ha scandito, anzi scolpito in appoggio al movimento terroristico Black Lives Matter: «Se pretendi che finiscano i disordini, ma non credi che l’assistenza sanitaria sia un diritto umano, se hai paura di dire che le vite dei neri contano e hai paura di denunciare la brutalità della polizia, allora non stai davvero chiedendo che cessino i disordini: stai chiedendo che l’ingiustizia continui. L’unico modo per risolvere questa situazione e uscirne definitivamente è garantire giustizia». Non significa niente, non ha nessun senso, è una supercazzola alla “fifti fifti reumatina con scappellamento di fuochi fatui”, un frullato di fregnacce nel quale non crede lei per prima; ma le serve per marcare il territorio: non si è veramente neri, ispanici, alias minoranze se non si è fondamentalisti psicopatici, ossia se non si è come conciona quel gaffeur secolare di Joe Biden e soprattutto come decide AOC, la cui spocchia offusca quel tanto di bellezza muliebre che pure non le mancherebbe.

AOC è la versione a stellestrisce di Rula Jebreal: si guardano allo specchio, si piacciono molto, si studiano il broncio giusto e pensano: ok, ci siamo, adesso esco e vado a cantarne quattro al primo maschio bianco occidentale che incontro. E finiscono a Sanremo, o ad un talk show, a rimediare figure imbarazzanti ma non per loro: troppo piene di sé per rendersene conto. Queste povere ricche, queste ipocritelle altolocate, campionesse di pochezza, si ritengono le depositarie del Verbo. E quando diciamo verbo, diciamo proprio verbo, parola pronunciata o scritta, citofonare Timothée de Fombelle, autore francese cui è stato impedito di pubblicare un libro sulla schiavitù siccome “è bianco, dunque non può”. C’è sempre un nero più nero che ti fa nero. In Italia, invece, l’ultima scappata di casa che passa, bianca che più bianca non si può, più di Calimero candeggiato può esaltare, sul sito di Rolling Stone Italia, le devastazioni monumentali in quanto “Fuck the fascism è la versione 2.0 delle statue abbattute e vandalizzate del movimento Black Lives Matter, abbinando la ricerca storica allo ‘stupro’ dei responsabili di atrocità razziste e coloniali”. Ecco, siamo a questi livelli di dibattito. Senonché una che di sè scrive “Vorrei scoparvi tutt*”, è, la classica suorina a gambe larghe ma velate, tutto fumo e arrosto nisba.

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