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Occhio, torna il fantasma dell’inflazione

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Il 15 dicembre si è tenuta una riunione della Banca centrale americana, la mitica Fed, e in tre punti si può sintetizzare ciò che è stato deciso.

1. L’economia americana è in grado di assorbire la crescente domanda di consumi senza che aumenti l’inflazione.

2. Anche se i prezzi delle materie prime stanno crescendo ciò non impatterà sul prezzo dei beni finali.

3. Insomma l’inflazione non rappresenta un problema serio.

Queste conclusioni, come detto, sono firmate dalla Fed, ma il dicembre di cui parliamo è quello del 1965. Dopo un mesetto iniziò la più grave crisi inflattiva che i viventi si ricordino: quella dei pazzi anni 70. Mai previsione fu più contraddetta dalla realtà.

E oggi nonostante le rassicurazioni delle banche centrali, sembra che le rassicurazioni e anche le condizioni dell’economia siano piuttosto simili a quelle del 1965. Parliamoci chiaro: oggi il rischio inflazione, nonostante politici e banchieri, facciano finta di nulla è altissimo. E con l’aumento dei prezzi, occorre ricordarlo, ci sono vinti e vincitori. Occorre forse prepararsi o ci accontentiamo delle spiegazioni ufficiali. Prendendo la situazione americana c’è da tremare.

Intanto a maggio c’è stato il primo segnale. Che occorre non sottovalutare. Così come fu sottovalutato il fallimento dei primi fondi, in quell’estate, che anticipò la crisi dei subprime nel 2007. L’inflazione americana è cresciuta del 5 per cento su base annua: il massimo da quindici anni. Ma se si guarda all’aumento dei prezzi core, cioè quello meno soggetto all’influenza delle variazioni stagionali, il balzo sembra ridursi al 3,8 per cento. Ma una crescita di quel tipo non avveniva da trent’anni.

Insomma il termometro misura l’inizio di una febbre che non si vedeva da anni. Economisti, politici e giornalisti pensano che la bestia dell’inflazione sia stata sconfitta una volta per tutte: da almeno quarant’anni non rappresenta più un problema. Tenuta sotto controllo dalle politiche monetarie adottate dalle banche centrali. Tassi di interesse alti per combattere l’aumento dei prezzi, e politiche di interessi bassi quando l’economia non tirava. Oggi questa legge è stata cancellata. E a ciò si aggiunga che, causa pandemia, non solo i banchieri centrali prestano a tassi zero, ma anche i governi stanno adottando politiche fiscali molto generose.

La Fed ha interessi rasoterra, come la Bce. Ma non solo. Ogni mese acquista 40 miliardi di mutui e 120 miliardi di obbligazioni. Immettendo sul mercato tanto liquidità, che mai prima d’ora si era vista. Contemporaneamente il governo americano sta spendendo come se non ci fosse un domani. In soli due anni ha messo in campo (tra Trump e Biden) risorse pubbliche per 6.000 miliardi di dollari: tre volte il Pil italiano e un terzo di quello americano.

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