Pillole Ricossiane

Pacifisti, comunisti, Stato: le lezioni di Ricossa, oltre il liberismo

Gli scritti di Sergio Ricossa, economista e liberale vero, per leggere il presente

ricossa pacifisti comunismo © Jacob Lund tramite Canva.com

Nell’ottobre del 2000 Leonardo Facco Editore pubblica il libro L’insopportabile peso dello stato, in cui sono raccolti gli atti dell’omonimo convegno organizzato un anno prima dal Centro Italiano Documentazione Azione Studi. Nel libro è pubblicato anche l’intervento dal titolo Al di là del liberismo, nel quale Sergio Ricossa tratta alcuni temi partendo da una serie di considerazioni in occasione del decennale della caduta del muro di Berlino, e, con esso, dell’apparente caduta delle ideologie totalitarie e stataliste che lo avevano eretto.

Le parole di Ricossa risuonano ancora una volta con una chiarezza e una preveggenza impressionanti, esprimendo un monito, contro l’illusione della scomparsa di certe ideologie, che a distanza di più di vent’anni si rivela centrato e incredibilmente attuale: “… corre l’obbligo di non temere più il comunismo. Si dileggia chi vorrebbe mantenere qualche difesa immunitaria. Non si deve più temere il comunismo italiano, né quello europeo, né quello cinese. Mentre cadeva il muro di Berlino, la Cina comunista reprimeva duramente ribellioni studentesche, come usa fare tuttora. Oggi l’esercito russo sta massacrando la Cecenia. Armi nucleari scorrazzano su e giù per l’Asia. Ma il bon ton europeo occidentale esige che non ci si preoccupi” [Ibid]. Se, ad esempio, al posto di “Cecenia” mettessimo “Ucraina” si direbbe scritto ieri.

Ma è nella parte in cui si rivolge ai giovani che la sua riflessione tocca particolarmente nel segno: quei giovani che a lui stavano tanto a cuore perché potessero difendersi dal martellamento fazioso di ideologie stataliste, che esaltano lo Stato che tutto vede e tutto regola per il bene comune, che fa le finte privatizzazioni e che esalta il no-profit finanziato con il profit generato da altri: “Dal 1989 i nostri giovani dormono, con poche eccezioni. Da dieci anni sognano favole: la guerra fredda è finita, tutto il mondo deve volersi bene, viva l’ecumenismo (ma non la globalizzazione, voluta dalle diaboliche multinazionali), solo lo Stato conosce il bene comune (lo Stato e le organizzazioni del volontariato no-profit), l’individuo è egoista, viva l’eguaglianza altruista e solidale, il ricco è ricco in quanto sfruttatore e il povero è povero in quanto sfruttato, lo Stato regala, lo Stato rimedia ai fallimenti del mercato, eccetera. I giovani non sanno che la quasi totalità delle suddette favole deriva dal comunismo e dal catto-comunismo [Ibid]”.

Giovani a cui si continua ad insegnare che il pericolo arriva dal “liberismo selvaggio” in un paese (e in un continente) dove di liberismo ce n’è ben poco e dove, invece, dilagano le burocrazie elefantiache, inefficienti, molto costose e incapaci di leggere la realtà: “Gran parte dei nostri giovani è convinta da dieci anni che viviamo in un’Italia, anzi in un mondo di “liberismo selvaggio”, a malapena imbrigliato da governi saggi e caritatevoli. Gran parte dei nostri giovani è convinta da dieci anni che i nostri socialcomunisti sono cambiati perché, fra l’altro, privatizzano le aziende pubbliche. Non analizza se sono privatizzazioni vere o finte, volontarie o no [Idib]”.

Ed infine, il presagio sulle anime belle pacifiste che tutt’oggi si stagliano nel firmamento della diplomazia e dell’analisi geopolitica: “Gran parte dei nostri giovani da dieci anni è pacifista, e non si chiede nemmeno se l’Italia e l’Europa occidentale abbiano problemi di difesa. Il crollo del muro ha estinto ogni preoccupazione di difesa. La fine della guerra fredda (?) esige la fine di ogni guerra. In conclusione, rispetto al comunismo l’Italia è come non mai senza difese morali, politiche, giuridiche, militari. Il nostro futuro è nelle mani dei governanti di un paese lontano, gli Stati Uniti, nella cui strategia mondiale, dopo la caduta del muro, contiamo poco o nulla”. [Ibid].

Questioni di attualità, si potrebbe dire, che riguardano ancora i giovani di oggi. Ma che riguardano anche molti non più giovani di oggi, che giovani erano allora e che da allora sono rimasti fermi a quello stadio, e quello stesso stadio oggi continuano a praticare e ad insegnare.

Fabrizio Bonali, 2 marzo 2024

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