Politica

Paradosso salario minimo: ci saranno più disoccupati

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di Salvatore Di Bartolo

Torna prepotentemente al centro del dibattito politico il tema del salario minimo, dopo la decisione assunta nei giorni scorsi dai vertici Ue di introdurre una tariffa minima salariale nei Paesi membri al fine di promuovere l’adeguatezza dei salari e contribuire al raggiungimento di condizioni di lavoro dignitose per i cittadini dell’Unione, senza tuttavia fissare direttamente un salario minimo europeo, ma lasciando ogni singolo Stato legiferare internamente in tal senso. Appena poche ore dopo la conclusione delle trattative in sede europea, la Germania ha già recepito la direttiva comunitaria e previsto un aumento del salario minimo già in vigore dagli attuali 9,82 euro l’ora fino a 12 euro per ogni ora lavorata a partire dal prossimo mese di ottobre.

Propaganda giallorossa

In Italia esiste già un disegno di legge che a suo tempo era stato depositato dalla senatrice M5s ed ex ministro del Lavoro Nunzia Catalfo, che oggi, dopo la decisione dell’Unione ritorna con forza al centro della scena politica con le forze di centrosinistra, Pd e 5Stelle in testa, a reclamare la celere introduzione di un minimo salariale orario anche nel nostro Paese allo scopo di restituire dignità al lavoro. Premesso che, come accadde a suo tempo nel caso del reddito di cittadinanza, altra bandierina audacemente sventolata dalla propaganda pentastellata, tutti si possa essere d’accordo sulla stretta necessità di voler mettere al centro la dignità del lavoro e dei lavoratori (al pari del contrasto della povertà nel caso del rdc) molti rimangono i rischi e le criticità legate all’introduzione di un salario minimo nel nostro Paese.

In primis, bisognerebbe tenere conto del fatto che buona parte delle decisioni riguardanti i livelli salariali in Italia vengono assunte in sede di contrattazione collettiva e risultano pertanto già normate. Potrebbe senz’altro rivelarsi proficuo intervenire in settori che a tutt’oggi sfuggono alla contrattazione collettiva, anche al fine di colmare dei vuoti legislativi e garantire la tutela di talune categorie di lavoratori oggi non debitamente tutelati. Al contrario, il rischio di impantanarsi sarebbe elevatissimo laddove si decidesse di intervenire a pioggia in ogni settore.

Posti di lavoro a rischio

Altro aspetto di non poco conto riguarda l’incidenza del cuneo fiscale sulle aziende italiane. Infatti, l’imposizione di un salario minimo finirebbe col gravare interamente sui bilanci aziendali finendo col compromettere ulteriormente la stabilità finanziaria delle imprese che si troverebbero a dover fare i conti con un aumento esponenziale dei costi del lavoro. E, inutile dirlo, in una fase storica cotanto delicata, sarebbe senza dubbio più prolifico supportare chi produce, magari detassando in maniera strutturale il costo del lavoro, piuttosto che accrescerne l’incidenza. Il rischio, probabilmente neppure calcolato, sarebbe in questo caso quello di avere un salario minimo garantito per ogni lavoratore, ma al prezzo di perdere inevitabilmente dei posti di lavoro. L’ennesimo paradosso, insomma, con un provvedimento che da un parte si propone di tutelare i lavoratori, e dall’altra li espone a rischi ben più importanti azzoppando chi invece il lavoro lo crea.

Incentivo al lavoro nero

Senza trascurare, infine, che come accaduto con il reddito di cittadinanza, anche nel caso del salario minimo si finisca con l’incentivare la pratica già ampiamente diffusa del lavoro sommerso. Infatti, a seguito dell’introduzione di un salario minimo, da un parte vi potrebbero essere, e quasi certamente vi saranno, dei lavoratori disposti a lavorare anche al di sotto del minimo salariale, dall’altra delle aziende costrette a dover ricorrere a vari escamotage per rimanere competitive sul mercato.

Insomma, tante sono le criticità legate all’introduzione di un minimo salariale imposto per legge ed altrettante, e non esattamente benevole, potrebbero essere le ripercussioni per il nostro mercato del lavoro. Ciò che si preannuncia è dunque l’ennesima battaglia ideologica da combattere in nome di un provvedimento che sin dal principio desta non pochi interrogativi e perplessità da usare come arma di distrazione di massa in vista delle ormai sempre più imminenti scadenze elettorali.

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