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Parla di immigrati stupratori: deputata denunciata per “hate speech”

Polemica per l’intervento a Strasburgo della forzista Isabella Adinolfi sulla violenza sulle donne

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La narrazione ha le sue ragioni che la ragione non conosce. La narrazione è irrazionale o non è, viene dal woke americano che usa il reticolo di lobby in Ue per diffondersi e lo fa alimentando dissociazioni logiche e credenze magiche di stampo millenaristico. Da trent’anni siamo succubi di un dibattito sul clima che ha dell’allucinante, affidato ad una ex adolescente che tutti osannano: è santa, è una martire. Da trent’anni noi spendiamo quattro o cinque trilioni di euro l’anno per inseguire paradisi climatici impossibili e cancellare composti come la CO2 che è quella che fa crescere le piante e le foreste e senza la quale la vita sulla terra sparisce.

L’Onu ha completamente sbagliato i suoi calcoli quanto a prospettive apocalittiche, la cosa è emersa ma tutti dicono: ormai la narrazione c’è e ce la teniamo. Non è al pari vero che non piova, la siccità in sé non c’è, è provocata dallo stato pietoso delle strutture di conservazione e distribuzione dell’acqua, in certe parti di Lombardia ne hanno fino al 2040, ma la narrazione insiste: non piove, moriamo essiccati, e quando diluvia c’è chi dice: piove adesso per mettersi in pari dai mesi che non pioveva. La natura come qualcosa di esoterico, fra dannazione e redenzione. Col Covid è andata allo stesso modo: non funzionava la reclusione globale e i vaccini non fermavano i contagi ma se uno lo dice, lo dimostra, gli rispondono dandogli del guastafeste e del provocatore. Del novax. E chi si ostina con la mascherina sul muso dice: perché la porto? Non lo so ma non si sa mai.

La narrazione si impone di per sé, come profezia che si autoadempie e siccome è figlia dell’ideologia regola i suoi conti con la realtà nel modo tipico dell’ideologia: torcendo la realtà e irrigidendosi, se io mito, se io ideologia non trovo riscontri, spingo ancora più forte sulla strada della follia: alla fine avrò ragione io. Lo si vede bene nel malato, indecente dibattito in seno all’Unione dove in tre parlamentari sono state presi di punta in attesa di crocifissione in sala Mensola, la presidenta del Parlamento che quando è emersa la corruzione araba dei partiti della sinistra mediterranea ha detto: non criminalizziamo nessuno. Tranne i tre reprobi Anders Vistisen, Isabella Adinolfi e Cristian Terheș che “hanno fatto dichiarazioni che riteniamo costituiscano un incitamento all’odio” e come tali sono stati segnalati a fini di espulsione o almeno punizione. Per aver detto la somma banalità per cui immigrati e clandestini dall’Africa o dall’Estremo oriente islamico sono inclini a violenze di genere, su donne.

Neanche finivano di parlare che già scattava la narrazione dei dervisci, contorti dallo sdegno, la narrazione che aborrisce come i vampiri con l’aglio qualsiasi riscontro fattuale: subito altri tre hanno spostato la faccenda su terreni romantici, criptici riferendosi a qualche convenzione lisbonese e concludendo: siamo scioccati, la misura è colma, qui si vogliono impedire le migrazioni (e non sarebbe una cattiva idea) e hanno concluso: no al “discorso di odiazione”, che i tre vengano fatti fuori.

Hanno la coda di paglia, è chiaro: la deputata di Renew Samira Rafaela, la più scatenata nell’invocare punizioni esemplari, è di colore e non stupisce nel suo delirio pretestuoso: “Questo tipo di discorso può favorire l’aggressività e gli attacchi verso le persone, ad esempio con un background migratorio”. Ad esempio? Pensa ai rappresentati, al bacino elettorale e uno può portare le prove che vuole, può dimostrare che solo in Italia l’8% dei migrati e dei senza titolo delinque per il 40% del totale, ma col solo effetto di incattivire chi non vuole sapere e non vuole saperlo perché ha la coscienza sporca. Il Parlamento europeo ha per missione o così almeno sostiene la tutela delle donne e denunciare, numeri alla mano, l’attitudine fuori controllo alle aggressioni sulle donne dovrebbe essere una delle sue priorità, ma queste sono solo formule per giustificare gli enormi business delle migrazioni via Ong, dell’accoglienza miserabile per chi la riceve ma lucrosa per chi la fa e insomma come sempre Parigi val bene una messa.

E poi che senso ha parlare ancora di donne da tutelare se le donne non ci sono più, se chiunque può percepirsi tale? Il mercato ha bisogno di un minimo di flessibilità morale, ideologica se preferite e oggi i target che spendono di più sono quelli del fluido, del genderizzato edonistico e almeno benestante, quelli che possono comperare un utero con una fattrice intorno e poi se ne vantano coi media. Fra i tre da eliminare, una italiana, Isabella Adinolfi, che inutilmente si sfinisce nel segnalare una casistica di stupri e di violenze in Italia è spaventosa anche perché totalmente fuori controllo: zitta, carogna, le hanno risposto, queste cose ci sono dappertutto e come tali vanno accettate anzi integrate nella cultura ospitante, che è vecchia e superata.

Quando il confronto assume connotati del genere, è inutile confrontarsi. Adinolfi è di Forza Italia, partito filoeuropeista, e ne tragga adeguate conseguenze: l’entrismo non è mai una soluzione, è puro pretesto, l’Europa dei valori e delle tutele è questa roba qua, chi scrive ha appena maltrattato a un talk show un eurodeputato leghista, di quelli che in passato sostituivano le segnaletiche stradali coi cartelli in dialetto padano ma adesso dice: volevo bombardarla la Ue ma poi ho capito che serve. E come fai a non rispondergli in diretta “a lei di sicuro”, come fai a tenerti? Perché l’altro aspetto della narrazione, a parte la intrinseca pazzia mistificante, è la scomparsa totale del senso di responsabilità: vale tutto e il contrario di tutto e la cittadinanza-plebe deve pure ringraziare per soprusi ricevuti. “Adinolfi collega la violenza contro le donne come un fenomeno che esiste esclusivamente nelle culture “straniere” in contrapposizione alla sua cultura “italiana” o “europea”, anche se sappiamo che la violenza esiste in tutti i paesi del mondo”.

Penso che sia spaventoso che l’estrema destra sia così ipocrita [che] l’unica volta che fingono di preoccuparsi dei diritti delle donne è quando possono usare i diritti delle donne per colpire le minoranze”. L’oggettività, la lealtà logica sostituita dall’eloquio da sardine o campeggiatrici, stentato ma tronfio, gli artifici retorici, le virgolette, i termini a effetto, lo spavento, la destra definita estrema e come tale disprezzata, sputata, meritevole di odio sulla base della lotta all’odio. Ciascuno decida se conviene restare e farsi violentare ogni giorno da una Unione che se porti le prove di una mattanza sulle donne ti vuole appendere, possibilmente a testa in giù, ma sulla mostra del Gesù Cristo debosciato con gli apostoli Village People che gli pisciano addosso, lo crocifiggono a un nero erculeo, in un tripudio di borchie, di fruste, di collari, approva e fa il discorso degli ipocriti e dei cialtroni: l’arte provoca e l’arte non si discute.

Ma siccome neppure da Bergoglio, dal Vaticano e dalla CEI è arrivato un fiato, non possiamo che concludere quanto segue: o il Vaticano ha capito che la battaglia per tutelare una dignità cristiana è perdente e ci ha rinunciato, o, peggio ancora, è solidale con chi quella dignità vilipende. Come a dire che Dio è passato di moda, insomma vi abbiamo preso in giro per duemila anni e adesso lo facciamo con nuovi feticci.

Max Del Papa, 13 maggio 2023