Economia

Perché dovremmo tutti lavorare di più

James M. Buchanan lavoro

C’è un saggio straordinario e davvero attuale di James M. Buchanan (1919-2013), premio Nobel per l’Economia, contenuto in un vecchio numero di Biblioteca della Libertà (il «116» dell’aprile del 1992) che converrebbe davvero ristampare in modo forse più organico. Il contenuto non è per i soli addetti ai lavori ed è: Perché dovremmo tutti lavorare di più. Il valore economico dell’etica del lavoro. Si tratta solo del primo di tre capitoli che hanno a che vedere con «i livelli relativi di benessere come risultato del modo in cui le persone si comportano in senso etico o morale».

Insomma il comportamento di una collettività (i principi, come si direbbe oggi) che la caratterizzano hanno una grande influenza sul benessere sociale. Tutto parte da un’esperienza personale dell’economista. Appassionato di football americano e dunque molto attirato dai playoff di fuoco del 3 e 4 gennaio del 1987, Buchanan si chiedeva come potesse dedicare la bellezza di 15 ore di fronte alla tv sul suo divano, senza sentirsi inevitabilmente in colpa. La soluzione fu presto trovata.

Il Nobel per l’Economia decise di dotarsi di un martello e un vecchio ferro da stiro da tenere in grembo e di rompere i gusci di numerose noci mentre guardava i match. «Sgusciare le noci placava il senso di colpa dovuto allo stare tanto tempo davanti alla televisione. Il processo di analisi della mia psiche durante e dopo questo evento ha avviato lo studio del contenuto economico dell’etica del lavoro. Ero chiaramente vincolato da un principio etico interiore che rendeva assai arduo seguire le mie preferenze».

La questione non è banale e solo di economia domestica: Buchanan da quel momento vuole indagare e stabilire «se coloro che fanno parte di un’economia siano più ricchi quando condividono un impegno etico a lavorare sodo di quando non lo siano. Il titolo del saggio suggerisce che la mia risposta è affermativa». Contraddicendo le teorie economiche neoclassiche, lo schiacciatore di noci ritiene che tra lavoro e ozio intervenga un’esternalità. La scelta del singolo di lavorare di più giova ad altri. E «un lungo processo di evoluzione culturale può averci inculcato una norma etica che in effetti ci avvantaggia».

A livello superficiale si potrebbe definire la scoperta dell’acqua calda, con tutto il rispetto per Buchanan. Ma a guardare bene le cose, e la stessa previsione del Nobel, e cioè che le nuove generazioni alla sua epoca, e cioè i genitori di oggi, non cogliessero l’importanza di questa epoca, si può ben capire come il processo di accrescimento economico occidentale si sia fermato.

Nicola Porro per Il Giornale 10 marzo 2024

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