Perché le Ong non possono imporci i migranti

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Ieri uno dei principali quotidiani tedeschi, il Frankfurter Allgemeine, titolava in prima pagina: «Non ce la facciamo più». E il sottotitolo è: «Altri rifugiati stanno arrivando e molti distretti sono sovraccarichi». In un lungo reportage si parla di attacchi ai centri di accoglienza in Magdeburgo e Sassonia. In Turingia i dipendenti dell’ufficio distrettuale sono stati minacciati. La situazione è politicamente esplosiva.

Nella ritenuta civilissima Danimarca ha recentemente vinto una «coalizione rossa» che ha fatto della tolleranza zero dell’immigrazione il suo cavallo di battaglia. Per la premier socialdemocratica danese, appena confermata, i richiedenti asilo devono essere trasbordati in Ruanda. Sì avete letto bene. In Svezia la musica non cambia, se non che la maggioranza è passata a destra proprio sui temi dell’immigrazione. Per Francia e Inghilterra (che per prima ha parlato di Ruanda per gli immigrati) le liti avvengono per la «giungla di Calais». Il premier spagnolo socialista ha dato mandato ai suoi uomini della sicurezza di usare il pugno di ferro nell’enclave africana di Ceuta.

In questo scenario, pensare che la politica migratoria del Mediterraneo sia affidata a delle Ong è semplicemente irresponsabile. E ancora più irresponsabile è la sinistra che su questo tema getta benzina sul fuoco. L’Italia è una delle porte di ingresso dell’immigrazione in Europa, insieme alla rotta balcanica e a quella che, per semplicità, definiamo spagnola. Il problema dell’immigrazione è ancor più delicato, proprio in virtù del fatto che nessuno oggi in Europa è in grado di dire unilateralmente ciò che disse la Merkel, solo pochi anni fa: chiunque voglia entri pure in Germania, wilkommen agli immigrati.

Anna Bono, una delle più serie conoscitrici dei flussi migratori, ha più volte dimostrato come gli attuali flussi, fatti per lo più da giovani, non rappresentino una migrazione dovuta a motivi politici, ma preminentemente economici: su cento migranti giunti in Italia, più o meno quattro si vedono riconoscere lo status di profugo o di rifugiato di guerra. Legittimo cercare fortuna all’estero, per carità. Ma su questo l’Europa, sembra dirlo anche il Pontefice, non può lasciare nessun Paese da solo.

Lo sforzo di questo governo, in continuità con quanto fece prima il ministro dem Minniti grazie agli accordi con la guardia costiera libica, e quanto fece Salvini nel primo governo gialloverde, è quello di non farsi dettare i flussi migratori da parte delle Ong. Non è un piano anti-europeo, è semplicemente razionale. Tutto il resto è campagna elettorale, fuori tempo massimo.

Nicola Porro, Il Giornale 7 novembre 2022

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