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Pure la Ragioneria boccia Conte

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Riuscirà questa volta Giuseppe Conte a blandire le ultime sacrosante irruzioni di Matteo Renzi? Da mesi, ormai, con Nicola Zingaretti e Luigi Di Maio gioca al gatto e al topo e finora gli è andata bene. Ma in questo caos istituzionale sul Recovery Fund la lotta di Giuseppi per la sua sopravvivenza si sta facendo ancora più dura. Cinque milioni di poveri alla porta e un impatto drammatico sulla qualità dell’occupazione. Con un settore statale e parastatale come sempre intoccabile a cui si contrappone un settore privato al tracollo, dalle grandi alle piccole e medie imprese. Un divario sociale che provocherà ulteriori disuguaglianze, proteste e disordini, con uno smartworking non normato e fumoso, in cui alcuni lavorano in modo forsennato mentre per altri, invece, è una sorta di Smart holiday, una buona scusa, insomma, per non evadere le richieste delle aziende e dei privati cittadini per un’autorizzazione, un indennizzo o un finanziamento vitale.

Recovery, gestione senza visione

Se questa drammatica gestione andrà avanti, i fondi dell’Europa arriveranno in grave ritardo, i finanziamenti saranno vanificati in mille rivoli, in totale assenza di una visione sul rilancio economico del Paese e con un Mezzogiorno sempre più distante dal resto dell’Italia e dall’Europa. Con la sconfortante assenza di risultati per il 2021, salvo forse coprire qualche buco di bilancio del 2020. Tutto questo è stato anche rimarcato in modo drammatico durante un pre-Consiglio dei ministri in cui la maggioranza dei direttori generali dei ministeri si è scagliata contro l’élite di Consiglieri, di Stato e non, del Principe-Premier che, a dispetto di ogni minima regola democratica istituzionale e costituzionale, intendeva esautorare tutta l’Amministrazione per favorire dei “nominati”, scelti da un televoto ristretto composto solo da lui stesso e da Rocco Casalino, ai quali veniva addirittura garantita una forma di impunità per i prossimi sei anni, indipendentemente da chi governerà il Paese. Praticamente la vincita di una lotteria senza aver comprato neppure il biglietto e, per di più, senza alcun controllo neppure della Corte dei Conti.

Governo nel caos

Davanti a questa edonistica deriva ‘libertaria’, perfino il Ragioniere generale dello Stato, Biagio Mazzotta, si è opposto con tutta la sua riconosciuta autorevolezza. E in questo caos, in cui Conte sguazza sgusciando, i nostri leader politici non riescono nemmeno a chiudersi in una stanza per trovare una via d’uscita indicando un nuovo Premier e con loro stessi al governo. Ormai non si parlano più, se non attraverso i giornali o piattaforme tipo Zoom. Un dibattito politico anestetizzato da finestrelle su uno schermo in cui ognuno parla con tempi stabiliti, senza pathos e con discorsetti preconfezionati. E questa politica guidata da una tecnologia a distanza non fa che rafforzare l’arroccamento di ciascun leader nel seguire la propria agenda personale: Zingaretti sta attento a non perdersi il partito, Di Maio a riprenderselo, Franceschini sogna il Quirinale, Mattarella è indeciso se seguire il consiglio interessato del Segretario Generale Ugo Zampetti a ritentare il bis, nessuno cavalca i temi ambientalisti e digitali fatti propri da Elly Schlein, mentre Renzi è ancora confuso dal dilemma tra Nato o Farnesina, tra sparigliare o accucciarsi, o tentare di fare il kingmaker di una nuova alleanza frittomisto, allargandola magari anche a Matteo Salvini.

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