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Il mistero del dossier

Putiniani, Gabrielli: “Nessuna lista degli 007”. Chi ha dato il dossier al Corriere?

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Adesso la questione si fa interessante. Ricordate la “lista di proscrizione” pubblicata dal Corriere della Sera con i nomi e le foto “segnaletiche” dei cosiddetti “putinisti” d’Italia? Ricordate le polemiche su come si sia arrivati a quella lista, sui presunto coinvolgimento del Copasir (che smentisce), dei servizi segreti (ora infuriati) e delle manine che avrebbero fatto arrivare il dossier in via Solferino? Ecco. Il sottosegretario delegato alla Sicurezza della Repubblica, ovvero Franco Gabrielli, oggi ha preso carta e penna per porre fine alla “caccia ai misteri” del famoso dossier.

L’attacco di Gabrielli

Alle 15 è prevista una conferenza stampa sull’argomento. Ma in attesa di rispondere alle domande dei giornalisti, Gabrielli mette i puntini sulle “i”. Parla di “una campagna diffamatoria circa la presunta attività di dossieraggio da parte della comunità di intelligence”. Smentisce qualsiasi intromissione degli 007 nelle attività dei filo-putiniani, men che meno la creazione di una “lista” di attenzionati. Parla di “infamanti sospetti”. E arriva a chiedere di “declassificare” il documento che tutti sanno esistere ma che, al momento, resta secretato: ovvero il “bollettino sulla disinformazione” che “avrebbe ispirato il noto articolo apparso sul Corriere della Sera“. Solo la pubblicazione di quel dossier permetterà di capire:

1. se e chi ha realizzato queste analisi;

2. se quei soggetti spiattellati dal Corsera in prima pagina sono citati;

3. se da via Solferino hanno ingigantito a tal punto la cosa, tanti per dare contro ai “putiniani”, da farsi poi sfuggire di mano la cosa.

Liste di proscrizione? “No, fonti aperte”

Il Bollettino, assicura Gabrielli nasce da un “tavolo creato nel 2019”, coordinato dal Dis ma a cui partecipano un sacco di attori. Ovviamente l’Aise e Aisi, cioè i nostri servizi segreti interni e esterni, ma anche l’Ufficio del Consigliere militare del Presidente del Consiglio, il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, i ministeri dell’Interno e della Difesa. A questi vanno aggiunti il Dipartimento per l’informazione, il Miste e l’agenzia per la cybersicurezza. Un tavolo superaffollato.

E cosa avranno mai scritto in questo benedetto e misterioso bollettino? Solo “un’analisi del fenomeno basata unicamente su fonti aperte”, giura Gabrielli. Il tutto senza “alcun elemento proveniente da attività di intelligence”. Anche perché mettere nero su bianco attività di intelligence condividendole con tutti quegli attori le avrebbe messe a repentaglio, vista la “fisiologica” possibilità di diffusione. “Auspico – conclude Gabrielli – che la sua lettura integrale, al di là di strumentali veicolazioni parziali, faccia comprendere la reale finalità della sua collazione e porti alla definitiva cessazione di ogni infamante sospetto sull’attività dell’Intelligence nazionale o su fantomatici indirizzi governativi volti a limitare il diritto di informazione, da me, in più circostanze, evocato come vero ed efficace antidoto alla disinformazione”.

Cosa non torna

Restano tuttavia da risolvere alcuni misteri.

1. Chi ha passato al corriere il Bolettino, se questo è classificato?

2. Perché nella sua versione online il quotidiano attribuiva la paternità del dossier al Copasir, che ha smentito, sostiene di averlo ricevuto solo dopo la pubblicazione del pezzo e che comunque non ha l’autorizzazione a condurre indagini di questo tipo?

3. Il problema non è tanto, o non solo, se i servizi segreti hanno davvero indagato sulle opinioni dei filoputiniani. Quanto piuttosto il fatto che il Corsera si sia divertito a sbatterne nomi e profili in prima pagina. Come se avere delle opinioni, per quanto discutibili, fosse motivo di pubblica gogna.

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