Esteri

Quei dati che smentiscono la Fed e danno ragione a Trump

5.7k
Esteri

Speciale zuppa di Porro internazionale. Grazie a un nostro amico analista che vuole mantenere l’anonimato, il commento degli articoli tratti dai giornali stranieri.

Neil Irwin, giornalista (e saggista) economico già del Washington post e poi del New York Times, scrive il 3 maggio, nella sezione “Upshot” dedicata dal quotidiano di Manhattan alla riflessione su dati trattati in modo originale, delle nuove tendenze economiche in corso negli Stati Uniti. E commenta come i risultati dell’andamento del mercato del lavoro pubblicati in questi giorni, fossero considerati dalla cultura economica dominante sostanzialmente impossibili. Si riteneva, infatti, che fosse inevitabile con una disoccupazione al 3,6 un rallentamento della creazione di nuovi posti di lavoro e un incremento dell’inflazione.

Eppure i dati usciti a fine aprile mostrano come gli occupati siano cresciuti di 263.000 unità crescendo a un tasso del 3,2 per cento negli ultimi mesi e l’inflazione sia all’1,6 per cento. Irwin nota anche come questi dati smentiscano alcune previsioni della Fed sia sull’occupazione sia sul tasso di inflazione. Il giornalista del Times non manca di notare come lo spirito partigiano prevalente oggi nella discussione pubblica americana determini una divisione nei commenti tra chi sostiene come sia la politica trumpiana responsabile di questi risultati e chi parla invece di effetti da onda lunga della politica obamiana.

Comunque questi dati smentiscono fattualmente alcune scelte adottate sui tassi dalla Fed nei mesi scorsi e poi riviste dopo anche uno scambio di vedute divergenti con la Casa Bianca. Forse usare essenzialmente i dati di pochi decenni della metà del Novecento per definire le politiche del XXI secolo non è del tutto una buona idea, annota ancora l’opinionista di Upshot. Peraltro gli economisti, osserva ancora Irwin, non possono ragionare sul futuro che basandosi anche sul passato. Dovrebbero farlo, però, scrive ancora il giornalista economico, sempre con il massimo di apertura mentale. Un’apertura mentale, si può osservare, che finalmente sembra toccare anche gli opinionisti del Times quando di fatto riconoscono come Donald Trump abbia avuto diverse ragioni nella sua interlocuzione pur un po’ vivace con Jerome Powell.