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Quella previsione sul disastro economico

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Speciale zuppa di Porro internazionale. Grazie a un nostro amico analista che vuole mantenere l’anonimato, il commento degli articoli tratti dai giornali stranieri.

La deriva iperglobalista ha rovinato parte fondamentale della qualità dei media di tutto il mondo sostituendo l’ideologizzazione, la retorica e la propaganda a un’analisi decente dei fatti.

Per fortuna sul Financial Times, quotidiano nel quale abbondano firme fanaticamente iperglobalistiche, scrive ancora Wolfgang Münchau, europeista convinto ma non cieco, giornalista economico di grande qualità e ora editorialista del “lunedì” del quotidiano della City (e del Nikkei) che anche il 13 aprile ci ha spiegato una delle questioni centrali in ballo nel dibattito della cosiddetta Unione: riguarda le previsioni economiche su cui si basa l’azione di Berlino.

Così scrive Münchau: “The German economic institutes have produced their joint forecast of an improbably precise 4.2 per cent decline in national gross domestic product this year, followed by a 5.8 per cent increase in 2021 — the perfect V-shaped recovery”: i centri tedeschi di analisi economica hanno presentato una congiunta previsione (improbabile precisa annota W.M.) di un 4,2 per cento di declino del pil per quest’anno, con una ripresa – perfettamente a V come si dice in gergo – del 5,8 per cento nel 2021.

“My scenario assumes a fall in eurozone GDP closer to 10 per cent this year, with Germany performing a little better than the average and Italy and Spain worse” scrive Wofgang prevede un calo del Pil del 10 per cento, un po’ meno in Germania, un po’ di più in Spagna in Italia. E poi prosegue “the German economy will recover moderately in 2021, while the south will recover less” l’economia tedesca riprenderà molto moderatamente e ancor meno le economie del sud dell’eurozona.

Da qui le previsioni di sfracelli finanziari particolarmente in Italia. Münchau scrive naturalmente che anche le sue sono solo previsioni, ma è spaventato dal fatto che non la Germania e l’Unione non si riassicuri su scenari pessimistici ma obiettivamente molto realistici.

Ma perché questo avviene, e innanzi tutto in una nazione come quella tedesca? Perché – come tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento – si è persa l’idea che la politica con le sue naturali divisioni sia ancora necessaria. Il personale che amministra gli stati dell’Unione è perlopiù figlio di un consociativismo (15 anni di governi di grande coalizione in Germania, un sistema decisionale dell’Unione che annulla un vero confronto politico) che ottundendo la discussione pubblica, costruendo blocchi governativi che man mano estromettono dall’area “costituzionale” parti rilevanti della società, pensa di poter risolvere tutto con “la tecnica” e con una cieca fiducia nel progresso (do you remember Ballo Excelsior?) e questo atteggiamento è tale da influenzare gli stessi tecnici tipo quelli che fanno le previsioni economiche in Germania.

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