Quirinale, tutti gli ostacoli sulla strada di Draghi

Fumata nera al primo voto per il Quirinale. E la partita del premier si complica

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È iniziato il “conclave laico” per eleggere il XIII presidente della Repubblica. Tuttavia, è presumibile che nelle prime tre votazioni, richiedenti per l’elezione i due terzi della seduta plenaria, dal comignolo di Montecitorio non sgorghi la fumata bianca. Assisteremo nelle prime tre chiamate a candidature di bandiera, alla prevalenza di schede bianche e alla nota di colore delle schede-burla.

I grandi elettori chiamati a pronunciarsi hanno un sostanziale vincolo nell’osservare le indicazioni dei rispettivi schieramenti. La votazione del successore di Sergio Mattarella è una sorta di plebiscito che non sceglie, ma ratifica ex post decisioni già assunte. L’unica variabile non predeterminabile è costituita dai franchi tiratori che nel segreto dell’urna non si uniformano, con un atto di insubordinazione clandestino, all’orientamento di gruppo.

L’elezione del presidente della Repubblica non si può decontestualizzare dalla fase in cui sono incardinati i partiti che sostengono il governo di unità nazionale. Ecco perché l’ipotesi Draghi al Quirinale dovrebbe prevedere una soluzione parallela per la gestione dell’orizzonte residuo della legislatura, considerando gli onerosi impegni sull’implementazione dei progetti finanziati dal Pnrr, sugli interventi da varare per sterilizzare il rincaro dell’energia e sulla strategia di rientro alla normalità post-pandemica. Traslocare al Colle la figura di SuperMario significherebbe confutare il pretesto di inevitabilità che ne ha consentito l’ascesa a palazzo Chigi. Il governo Draghi nasce da una inedita convergenza multipartitica che si è affidata all’ex banchiere centrale con qualità tecniche, riconosciute a livello internazionale, per gestire l’emergenza sanitaria ed assicurare al paese le risorse del Pnrr.ù

Con Draghi al Quirinale decadono le ragioni dell’eccezionalità che hanno indotto la politica ad un ruolo ausiliario, anzi si decreterebbe l’auto-confinamento dei partiti in un incolore subalternità. Il centrodestra disponendo della maggioranza relativa dei voti in Parlamento ha il diritto di esprimere un orientamento senza temere i niet pregiudiziali della sinistra che si ritiene investita, per dogma costituito, della prerogativa di stabilire chi è ammissibile alla carica più alta della Repubblica.

Il centrodestra oggi ha i numeri per non essere spettatrice ma interprete di una fase politica che sancisca la discontinuità con una tradizione di ostilità che ha contraddistinto negli ultimi trent’anni l’inquilino del Colle. Nei primi tre scrutini si misura la stabilità numerica e la coesione del perimetro politico di uno schieramento, verificandone la solidità e la conseguente forza gravitazionale che può polarizzare le adesioni necessarie al conseguimento del risultato. Si pensi al gruppo parlamentare più numeroso, quello dei 5 stelle, che è ormai una massa proteiforme sui cui l’ex premier Conte non è in grado di esercitare un controllo funzionale a canalizzarne il voto.

A 15 mesi dalla fine della legislatura, con l’assembramento dei peones accasati nel gruppo Misto, sono pronosticabili dinamiche tarate su logiche di sopravvivenza di mandato che favorirebbero soluzioni compatibili con la conclusione naturale della legislatura senza alterare l’assetto di governo che verrebbe, invece, destabilizzato dal trasferimento di Draghi in altre residenze istituzionali. Inoltre, la pattuglia di Italia Viva potrebbe venire in soccorso di una soluzione di mediazione non ascrivibile alla paternità del Pd con cui Renzi ha ripudiato qualsiasi tipo di affinità.

Il centrodestra ha il compito di onorare il passo indietro del Cavaliere, mantenendosi coeso ed evitando di vanificare il gesto di generosità del suo fondatore. Rinunciare a proporre nomi di area, spendibili e dotati di credibilità istituzionale, per adattarsi ai veti della sinistra significherebbe attribuirsi lo stigma di una perpetua menomazione politica e frustrare il ritiro di Berlusconi a fenomeno di senile impotenza, oltre a decretare l’epilogo infausto della propria alleanza.

Andrea Amata, 25 gennaio 2022

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