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Reddito di cittadinanza, è finita la cuccagna: il piano Meloni

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Il governo Meloni è al lavoro per predisporre un piano che conduca al superamento del reddito di cittadinanza. Il disegno del nuovo esecutivo non prevederebbe tuttavia una totale abolizione del sussidio grillino, bensì un radicale intervento riformatore che comporti l’abolizione della misura per i cosiddetti occupabili. Il comune denominatore che emerge dalle posizioni dei vari partiti di governo è infatti quello di eliminare il sussidio per tutti i beneficiari che possono lavorare.

Il principio cardine a cui si ispirano i partiti di maggioranza è il seguente: riformare la disciplina del redito di cittadinanza al fine di farlo diventare uno strumento rivolto solo ed esclusivamente a chi, per età, problemi di salute o altri impedimenti, non sia nelle condizioni di trovare un lavoro. Per tutti gli altri, invece, niente più sussidio: trovandosi nelle condizioni di poter lavorare dovranno adeguarsi, rimboccarsi le maniche e farcela da soli. Per questa categoria di soggetti, infatti, secondo le idee del centrodestra, la soluzione non può e non deve essere il reddito di cittadinanza, ma il lavoro. Meno sussidi e più lavoro, dunque, se volessimo riassumere il tutto in uno slogan.

A questo punto, però, un interrogativo sorge spontaneo: quanti sono i soggetti che rischierebbero di perdere il sostegno economico per effetto di tale revisione? Secondo i dati Anpal, i beneficiari del reddito di cittadinanza sono 919.916. Di questi, 173mila (il 18,8%) risultano già occupati, e ulteriori 660mila (il 71,8%) sono tenuti alla sottoscrizione di un patto di servizio. I restanti 86mila (ovvero il 9,4%) risultano invece esonerati, esclusi o rinviati, e quindi non nelle condizioni di sottoscrivere un patto per il lavoro. Rientrerebbero, pertanto, nella rinnovata platea dei beneficiari di reddito, a differenza dei 660 mila soggetti abili al lavoro che, in quanto tali, non sarebbero rinviabili ai servizi sociali.

Per questi ultimi, la revisione decretata dal governo Meloni sarebbe in tutto e per tutto equiparabile ad un’abolizione, dal momento in cui comporterebbe per loro la definitiva perdita del beneficio economico connesso alla percezione del sussidio. In definitiva, secondo il piano della Meloni, il sussidio grillino verrebbe abolito per più del 90% dell’attuale platea dei beneficiari, mentre continuerebbe ad esistere solo per quel 10% circa di soggetti che, non essendo effettivamente nelle condizioni di poter lavorare, necessitano di un sostegno economico da parte dello Stato.

Salvatore Di Bartolo, 5 novembre 2022