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Riapertura, il governo parli chiaro ai cittadini

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La pandemia ha sospeso l’economia con le fabbriche chiuse, le attività ludiche con i parchi e le palestre interdette, gli eventi sportivi con gli stadi sbarrati, la partecipazione democratica con le urne tappate, la trasmissione del sapere con le scuole serrate e potremmo continuare l’inventario degli esercizi temporaneamente cessati. Siamo tutti bloccati nel freezing di Stato in attesa che si rimuova il vincolo che ci obbliga allo stazionamento domestico.

Un disagio con cui si può convivere senza stress per chi abita in edifici dotati di terrazzi e spazi esterni, ma il fastidio degenera in travaglio ai limiti della claustrofobia per chi vive in fabbricati con superficie angusta senza sbocco esterno. Un sacrificio tollerabile per qualche settimana in cui ciascuno è disponibile a rinunciare a qualche diritto per il dovere civico di tutelare l’interesse collettivo, ma la privazione non può essere prorogata sine die e in assenza di un vaccino occorre elaborare una strategia di parziale riapertura del Paese, inserendolo in un processo graduale di scongelamento nel rispetto dei dispositivi di sicurezza basici.

Fino al 3 maggio è stato prorogato il lockdown, ma dal giorno successivo non è previsto il ripristino del pieno esercizio delle libertà finora compresse per limitare la diffusione del contagio. È ipotizzabile una riapertura sequenziale e a ritmi differenziati per aree regionali anche se a tutt’oggi manca un programma del governo che dovrebbe con anticipo, rispetto al termine del 3 maggio, preparare la popolazione ai protocolli di sicurezza a cui uniformarsi per assicurare l’impermeabilità al Covid.

Il sistema-Paese sta soffrendo un deficit di programmazione con una navigazione a vista che rischia la collisione con lo scoglio dell’ignoranza che può amplificare i fattori di crisi. La politica deve recuperare il coraggio delle scelte tenendo conto del quadro sanitario, ma senza subire le oscillazioni diagnostiche dei virologi sulla tendenza del virus. Gli esperti epidemiologici si sono abbandonati alla spettacolarizzazione mediatica ed essendo protagonisti del palinsesto televisivo potrebbero essere indotti a posticipare il ritorno ad una normalità, seppure atipica, pur di continuare ad avere puntati i riflettori del proscenio.

Il Coronavirus ha logorato la salute sanitaria del Paese con l’iniziale overbooking delle terapie intensive e la drammatica serie di lutti, ha deperito la salute economica della nazione con l’interruzione delle relazioni sociali ed ha illanguidito la nostra salute democratica con il letargo parlamentare. Certamente, l’emergenza nazionale richiede speditezza nelle decisioni e le reazioni al suo incedere sono indisponibili alle esitazioni verbose, ma considerando la confusione con cui è stata gestita la fase emergenziale sarebbe il caso di riabilitare la sede della sovranità popolare sia per onorare i principi di trasparenza sia per elaborare un’operazione di informazione sulla direzione che si vuole intraprendere. I cittadini stanno osservando con ligio dovere le disposizioni limitative, ma occorre indicare un’alternativa praticabile al barricamento, predisponendo la fase 2 e preavvisando sulle misure a cui conformarsi per una convivenza in sicurezza con il morbo.

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