“Lanciamo un grido di allarme. Non c’è mai stata negli ultimi 50 anni, forse, una riforma che stravolge radicalmente la fisionomia della nostra Costituzione alterando quelli che sono i rapporti tra i poteri dello Stato e gettando le basi per un possibile condizionamento del potere giudiziario”. Queste sono le parole utilizzate da Salvatore Casciaro, segretario generale dell’Anm, a proposito della separazione delle carriere dopo il prima via libera arrivato giovedì alla Camera dei Deputati. Ospite di “Agorà”, l’esponente della magistratura ha attaccato frontalmente il governo guidato da Giorgia Meloni, reo di voler mettere mano alla giustizia, e quindi di modificare lo status quo tanto caro alle toghe.
L’Anm ha già annunciato lo sciopero del 27 febbraio ed è pronta a protestare in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario. Ma i magistrati evidentemente dimenticano almeno un paio di cose. La grande difesa della Costituzione è ammirevole, ma chi ci mette mano non è un pericoloso dittatore o un sanguinoso tiranno, ma un governo democraticamente eletto. E non c’è nessuno stravolgimento, con buona pace di Casciaro: si tratta di una riforma mirata ad aggiornare la Carta e a fare importanti passi avanti verso una giustizia giusta. Ma il dettaglio più importante è un altro: è la stessa Costituzione a prevedere la possibilità di modifiche. Sarà il caso di contestare i padri costituenti o forse è meglio cercare altre motivazioni per portare avanti la battaglia ideologica e strumentale contro il governo?
Del resto non è un mistero che la magistratura rappresenti la vera opposizione all’esecutivo, considerando la totale inconsistenza della sinistra, ancorata unicamente all’emergenza fascismo. Intervistato da SkyTg24, il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia ha motivato le iniziative come un’opportunità “mettere i fari su un punto essenziale per la vita democratica del Paese“: “Secondo noi delegittimerebbe le toghe stare in silenzio di fronte a una riforma che non migliora, anzi peggiorerà il servizio giustizia di cui non si occupa, e indebolisce il quadro complessivo delle garanzie di indipendenza e autonomia; basti pensare alla nuova strutturazione del processo disciplinare per i magistrati”.
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L’ennesima mossa che scatena le polemiche sulla politicizzazione delle toghe ma che non fermerà l’azione del governo. Ma a confermare l’insensatezza delle proteste dell’Anm sono intervenute anche le Camere Penali. “L’Anm ha deciso di protestare contro la riforma della separazione delle carriere conducendo l’intera magistratura non solo contro il Governo ma anche contro il Parlamento che quella legge sta approvando, in uno scontro istituzionale che rischia non solo di alterare ancora una volta i necessari equilibri fra i poteri dello Stato ma di compromettere l’immagine stessa della magistratura” l’analisi degli avvocati penalisti, che ha posto inoltre l’accento sulla strumentalizzazione della Costituzione. L’Anm dimentica infatti “che è proprio l’articolo 111 di quella Costituzione che vuole che il processo si svolga davanti a un giudice terzo. E terzo è solo quel giudice che non ha alcun vincolo e colleganza con il pubblico ministero”.
Per le Camere Penali la separazione delle carriere mira a realizzare questa condizione necessaria per l’attuazione del codice accusatorio e del giusto processo nell’interesse della giustizia e di tutti i cittadini, senza dimenticare un altro importante dettaglio: “Saranno i cittadini con il loro voto, dopo quello del Parlamento, a dire quale giustizia e quale magistratura desiderano per il futuro del nostro Paese”. La stroncatura arriva persino dall’ex pm di Mani Pulite Antonio Di Pietro: “Come in una partita di calcio l’arbitro e il giocatore non possano far parte della stessa squadra – le sue parole al Giornale – Io trovo inappropriato che un potere dello Stato (tale è Di fatto l’ordine giudiziario) scioperi contro un altro potere dello Stato”. E tanti cari saluti a quella sinistra pronta a cavalcare la protesta e a gettare benzina sul fuoco.
Franco Lodige, 20 gennaio 2025
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