Ci sono due notizie, che difficilmente leggerete nelle prime pagine dei quotidiani di domani, visto l’imbarazzato silenzio che sta coprendo con un velo di ipocrisia l’intera vicenda rumena. La prima: Calin Georgescu, il candidato “di destra” e “filorusso” in Romania, ha presentato ricorso contro la (folle) decisione dell’Ufficio centrale elettorale di escluderlo dalle elezioni di maggio. Secondo: dopo che ieri erano scoppiate alcune proteste in piazza, con tanto di scontri con la polizia, il cattivissimo Georgescu invece di cavalcare lo scontento – come forse i fautori del complottone russo si aspettavano – ha chiesto ai suoi sostenitori a non far esplodere la rabbia, invitandoli a “mantenere la calma” fino all’apertura delle urne per le nuove presidenziali”. Un messaggio -in cui compare accanto al leader dell’Alleanza per l’Unione dei Romeni (Aur), George Simion, e alla presidente del Partito dei giovani (Pot), Anamaria Gavrila– tutt’altro che golpista: “Restiamo uniti. Andiamo avanti insieme fino in fondo per gli stessi valori: pace, democrazia, libertà”, ha scritto Georgescu. “Ringrazio il popolo romeno per tutto ciò che fa, ma vi chiedo ancora una volta: tutto deve avvenire con calma, in pace e con piena consapevolezza della realtà, senza dare luogo a violenze o ad altre situazioni simili a quelle di ieri sera. Andiamo avanti con grande fiducia per il futuro di questo Paese”.
Lo scandalo rumeno
I fatti li conoscete. Lo scorso novembre, alle presidenziali rumene, l’indipendente Georgescu aveva ottenuto la maggioranza dei voti conquistando l’accesso al secondo turno nonostante avesse ottenuto sondaggi a una sola cifra e dichiarato zero spese per la campagna elettorale. Ballottaggio che però non si è mai tenuto perché la Corte Costituzionale ha deciso di annullare l’esito del voto per presunte interferenze russe. Non “brogli”, come invece erroneamente sostiene oggi il Corriere, bensì presunti finanziamenti su TikTok e campagne social da qualche centinaia di migliaia di euro che, secondo documenti dei servizi segreti rumeni, avrebbero condizionato l’esito elettorale. Tutte accuse da provare, ovviamente. Ma sufficienti alla Corte costituzionale rumena per mandare al macero milioni di voti democraticamente espressi. Ovvio lo sconcerto del diretto interessato. Meno scontato, eppure durissimo, anche quello espresso da J.D. Vance a Monaco di fronte agli alleati europei accusati di tacere di fronte a quello che a tutti gli effetti si palesa come uno scandalo: se le democrazie europee devono temere qualche post social, allora vuol dire che il loro stato di salute è davvero pessimo.
Georgescu escluso dal voto
Al colpo di mano elettorale hanno fatto seguito altri due eventi decisamente gravi. Il primo: Georgescu, che ora i sondaggi danno oltre il 40%, è stato fermato per strada, interrogato e infine indagato per una miriade di reati (attentato all’ordine costituzionale, false dichiarazioni sul finanziamento della sua campagna elettorale, costituzione di una organizzazione di carattere fascista, razzista e xenofoba) che ovviamente bisognerà dimostrare. E ieri è stato anche escluso dalla nuova tornata elettorale di maggio. Perché? Mezzo mistero. Il comunicato dell’autorità elettorale del paese è fumoso (qui trovate il sito ufficiale). L’Ufficio non si è infatti limitato a valutare le condizioni formali della candidatura (età, situazione legale, firme), ma ha considerato “l’intero contesto” incluso “il posizionamento del candidato” rispetto al quadro costituzionale.
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Nel dispositivo si legge infatti che “le persone che si candidano alle elezioni del Presidente della Romania devono soddisfare le condizioni ‘che risultano dalla sacrosanta formula del giuramento prestato dalla persona eletta alla carica di Presidente della Romania’, vale a dire rispettare la Costituzione e difendere la democrazia”. Condizioni “che il candidato deve soddisfare dal momento della presentazione della propria candidatura” e che, stante l’annullamento dell’ultima tornata elettorale, Gerogescu ora non soddisferebbe. Il “filorusso”, insomma, “non rispettando le norme della procedura elettorale” lo scorso novembre avrebbe “violato l’obbligo stesso di difendere la democrazia, che si fonda proprio sul suffragio giusto, onesto e imparziale, nel rispetto della legge, in assenza della quale risulta alterato il fondamento stesso dell’attuale ordinamento costituzionale”. Inoltre il suo atteggiamento sarebbe “in manifesta contraddizione con i valori essenziali dello Stato di diritto”. Sintesi brutale: per l’Ufficio elettorale sarebbe “inaccettabile che il nuovo processo elettorale consideri lo stesso individuo idoneo alla presidenza“, se questo è stato “sanzionato” dalla Corte Costituzionale solo qualche mese fa.
In pratica un processo alle intenzioni. E che fa basare il nuovo corso elettorale su una sentenza, quella che ha annullato le elezioni a dicembre, già decisamente criticabile. “L’Europa è ora una dittatura, la Romania è sotto la tirannia!”, ha reagito Gerorgescu il cui ricorso verrà valutato entro mercoledì dalla Corte costituzionale di Bucarest (la stessa che gli ha negato il ballottaggio). Se la Corte non dovesse accettare il ricorso del candidato, i due partiti potrebbero virare sul sociologo Dan Dungaciu.
Protesta pure Matteo Renzi
A denunciare il pessimo stato della democrazia rumena (che, ricordiamolo, è membro Ue e della Nato) sono stati Matteo Salvini, Carlo Fidanza (Fdi) e, a sorpresa, anche Matteo Renzi. “Vado ancora una volta controcorrente e magari anche qualcuno dei miei amici liberali o riformisti si stupiranno – ha scritto l’ex premier – Impedire a un candidato di competere alle elezioni perché filorusso, come sta avvenendo in Romania, è uno scandalo totale. Uno scandalo che di democratico non ha nulla. Se un candidato ha idee non condivisibili non puoi buttarlo fuori dalle elezioni. Perché se lo fai, smetti tu di essere democratico. Tu, non il filorusso. È chiaro? La democrazia si difende nelle urne, non dalle urne”. Fa invece Ponzio Pilato la commissione Ue con un deciso “no comment” sulla decisione del Comitato centrale elettorale in Romania: “Vogliamo essere molto chiari – ha detto il portavoce Markus Lammert – le elezioni sono una competenza nazionale e la Commissione non commenta il processo elettorale rumeno, che è una questione che riguarda le autorità rumene e, in ultima analisi, il popolo rumeno”.
di Franco Lodige
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