Non le va a genio il libero voto degli italiani perché scelgono democraticamente di premiare il lavoro e la coerenza dell’odiatissima Giorgia (Meloni). Ma non le sta bene neppure il voto espresso dalla sala stampa di Sanremo perché, secondo il suo discutibilissimo parere, i giornalisti avrebbero deliberatamente scelto di non premiare la gradevole performance di un’altra Giorgia (Todrani), magari con il barbaro intento di favorire un podio tutto al maschile a scapito delle artiste di sesso femminile. A occhio e croce, sembrerebbe proprio che alla bella e seducente Elodie non gli vada mai niente. O meglio, niente che non rientri nel suo piccolo ed arroccato mondo fatto di femminismo esasperato, patriarchi inesistenti e Lgbtismo dilagante.
Tutto fa politica per la fascinosa paladina dei diritti civili delle donne e delle minoranze sessuali. E tutto finisce automaticamente per essere strumentalizzato in dichiarata funzione antigovernativa. Persino la classifica finale del Festival della canzone italiana, divenuto d’improvviso, proprio come l’Italia di Giorgia Meloni, misogino, sessista, patriarcale. Talmente tanto da aver relegato lei, la reginetta indiscussa del moderno pop all’italiana, nientemeno che in dodicesima posizione. Un vero e proprio smacco per la cantautrice romana, la quale, di certo, avrebbe immaginato un epilogo assai diverso alla vigilia della kermesse canora più importante del Belpaese.
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Perché è proprio questo il punto, inutile girarci troppo intorno. L’attacco frontale di Elodie ai giornalisti della sala stampa non è tanto figlio della nobile volontà di tutelare la posizione di Giorgia, esaltata tutta la settimana e poi catapultata brutalmente in sesta posizione, come se a un’ovazione del pubblico pagante dovesse necessariamente corrispondere un sonoro trionfo. Quanto, piuttosto, del fatto che lei, Elodie, probabilmente in cuor suo desiderosa di ottenere ben altre fortune (come del resto è giusto che sia), alla fine della fiera si sia dovuta accontentare di un mesto dodicesimo posto. Un risultato senza dubbio poco soddisfacente che non può non lasciare l’amaro in bocca all’orgogliosa artista di Quartaccio, la quale, una volta concluso il Festival, non potendo perorare sfacciatamente la propria causa (sarebbe troppo persino per lei), deve essersi furbescamente decisa a sposare quella della povera Giorgia, sedotta e poi abbandonata da quei bruti maschilisti di stanza presso la sala stampa.
Che poi, e sarebbe proprio il caso di specificarlo, le accuse di Elodie all’indirizzo della giuria, oltre che impregnate di un fastidiosissimo vittimismo di genere che non rende certo onore a un’artista della caratura e del talento di Giorgia, risultano essere false e prive di qualsivoglia fondamento. Dati alla mano, infatti, se fosse dipeso esclusivamente dal voto della sala stampa, Giorgia avrebbe senz’altro vinto il Festival di Sanremo. A relegarla in sesta posizione ci ha pensato invece il pubblico da casa, che, tramite il televoto, ha liberamente scelto di accordare la propria preferenza ad altri artisti in gara. Esattamente nella maniera in cui la maggioranza del popolo italiano, oggigiorno, preferisce accordare la propria fiducia a Giorgia Meloni anziché ad altri leader e partiti politici ideologicamente più vicini alle istanze turbo-femministe care alla cantautrice quartaccina.
Si chiama democrazia. O se preferite libertà di scelta.
La stessa libertà che consente ad Elodie di inveire veementemente contro i giornalisti della giuria radiofonica nel corso di una trasmissione televisiva o di dichiarare pubblicamente a margine di una conferenza stampa “non voterei la Meloni neppure se mi tagliassero una mano“. Allo stesso modo, il pubblico del Festival, sovrano proprio come il popolo in una tornata elettorale, ha liberamente scelto di non esprimere il proprio voto in favore di Elodie e del suo brano, evidentemente dimenticato dai telespettatori ben prima delle sette, neppure dinanzi all’infausta prospettiva di andare anch’essi incontro al rischio del taglio della mano.
Salvatore Di Bartolo, 17 febbraio 2025
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