Politica

“Sei incinta? Dimettiti”. Il vero scandalo non è la frase incriminata

Silvia Colombo ha lasciato il partito, l’errore è soprattutto il suo. Però…

Colombo silvia fdi (1)

La frase di una consigliera comunale di Treviglio è inutile come la tempesta nel bicchier d’acqua, ma a suo modo illuminante. Cosa ha detto questa Silvia Colombo, meloniana fino a ieri? Ha detto l’ovvio dei popoli, ha detto che se una è incinta e non ce la fa a lavorare, a fare politica è meglio che torni a fare la mamma; o qualcosa del genere. Apriti bicchiere: il suo stesso partito l’ha scaricata con motivazioni farisaiche, del tipo noi siamo per la famiglia ma anche per il lavoro, siamo per la donna ma anche per la libertà di decidere, siam per i valori vecchi e quelli nuovi, emergenti. Come no, la politica del “ma anche” che deriva dal penoso “ma anche no” di veltroniana memoria.

Cosa ci dice quest’ennesimo cafarnao nel bicchiere? Che la politica è ridotta a un vaneggiar d’ubriachi, che i politici, da quelli improvvisati o comunali ai sommi del governo e dei Parlamenti improvvisano, aprono bocca e le danno aria ed altri fanno lo stesso prima con le orecchie poi con la bocca. La logica influencer è ferrea: basta parlare, l’importante è dire la tua, su tutto, senza tenersi, poi si vede, poi si dice che si è stati fraintesi e in caso si fa la vittima. L’uscita di questa Silvia Colombo in sé non è niente di speciale e niente per cui stracciarsi le vesti: sei incinta? A rischio di aborto? Nessuno ti ordina di rischiare, fai un passo indietro e stabilisci le tue priorità, tra le quali la vita. Niente più che banale buon senso. Solo che questi della destra del nuovo potere, centrale o periferico, sembrano fatti apposta per dire sempre tutto nel modo sbagliato, specie se il concetto è giusto, se possono aver ragione; il loro costume populista che si ispira alla destra ideologica è convinto che così si fa politica schietta, “pane al pane” e invece è sgangherato, controproducente, si dissociano quelli del loro stesso partito perché oggi come non mai i partiti non sono più presidi democratici ma comitati d’affari zeppi di farisei e di gente che quanto a logica analitica non è meglio.

La consigliera meloniana si è dimessa con lunghi post di protesta che si possono riassumere così: siete dei paraculi e non siete degni di me. Prosit! Ma lei stessa non sapeva con chi aveva a che fare? Non sapeva come si esterna prudenzialmente in politica? O si credeva uno di quegli ultrapotenti cui viene perdonato tutto anziché una oscura consigliera di cintura? Di sicuro non aveva calcolato che il woke, la si metta come si vuole, ha vinto anche se lo danno per morente: sarà morente ma i suoi semi avvelenati hanno attecchito, determinando un nuovo modo di essere falsi anche e soprattutto in politica, ha invaso da sinistra a destra, ha contagiato anche i ruspanti, i “duri e puri”. Il conformismo paraculo non fa sconti: “Ah, noi siamo per la donna ma anche per la famiglia ma anche per il lavoro”. Affermazioni prive di senso, ma oggi questo ci vuole se vuoi praticare l’ars parolaia che è la politica.

La consigliera Silvia si è espressa alla come vien viene, ma gli illuminati trevigliani di Fratelli d’Italia hanno un modo onesto di quadrare il cerchio di fronte al dilemma: la salute del feto o un lavoro che lo mette a rischio? No, loro, come dei piddini qualsiasi, sono con tutto “ma anche” il contrario di tutto, secondo la regola imperante del politicamente sconnesso che induce a gesuitica prudenza, al “nisi caste, caute” che sarebbe peccate pure ma non datelo a vedere e poi venite a raccontarcelo. Diremmo che a questa stregua non c’è speranza. Tutti, a parte Ilaria Salis, che è un caso particolare di irresponsabilità lunare, fortemente indecisi a tutto, terrorizzati dalle conseguenze di una qualsiasi scelta, tutti graniticamente ancorati ai principi di riferimento ma con licenza di deroga. Non esistono più gli ideali, giusti o sbagliati, condivisibili o discutibili, di riferimento che funzionano da elemento di riconoscimento per un contesto politico, esiste la marmellata verbale woke e se ne esci sei fuori, il partito, quale che sia, non te la perdona, si dissocia, ti molla. E allora devi sprecare post su post, come uno Zerocalcare qualunque, per dire il niente, per dire quello che tutti grossomodo hanno capito.

Resta la dimostrazione drammatica dell’improvvisazione della politica e dei politici attuali, da Treviglio a Roma, che sbarcano senza lo scrupolo di una preparazione elementare, confortati dal fatto che i criteri di reclutamento prevedono una fama acritica, meglio se famigerata, peggio ne combini e migliori chance hai perché la politica è un affare sul commerciale pubblicitario che prevede lo scambio impunità contro voti; e questo però è un meccanismo a doppia lama, che premia e punisce: la totale mancanza di scrupoli impedisce di soffermarsi sui significati e anche sui significanti, si tiene quello che serve, il resto lo si scarica nell’indifferenziato della dissociazione, “noi siamo per la mamma, la donna, la lavoratrice, la libera, l’angelo del focolare”. Meno princìpi ci sono e più li si invoca. La povera consigliera Silvia mitraglia i suoi “non ci sto” come Scalfaro, se n’è tornata veramente a fare la madre di famiglia, ma la verità è che non ci sta perché è stata rigettata, non è più niente.

Probabilmente cercherà qualche altro partito, forse di ispirazione opposta, ma hanno ancora senso queste distinzioni per una politica che affoga nel mare di parole vane, idiote, espresse malissimo e intese peggio?

Max Del Papa, 28 febbraio 2025

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