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Tav, l’asino di battaglia del M5S

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Cosa resterà dell’esperienza di governo tragicomica del M5S? Un grande buco nei già fallimentari conti dello Stato e la consapevolezza che al peggio non c’è fine. Al buco si rimedierà mettendo, ancora una volta, mano alla tasca; mentre la consapevolezza non sarà di alcuna utilità proprio perché al peggio non c’è fine e l’Italia, come diceva Arbasino, è un Paese senza: senza storia, senza memoria, senza verità. Ma come siamo arrivati fin qui?

Purtroppo, c’è stata la ribellione delle élite le quali, per non essere impopolari e per non riformare sé stesse, non hanno governato e così, con una classica capriola della storia, c’è stata la ribellione delle masse: il cacio è andato sotto e i maccheroni sopra.

Il fenomeno della ribellione delle masse ha due caratteri di fondo. 1: lo Stato è individuato come la soluzione di tutti i mali e di tutti problemi. 2: l’uomo-massa crede nel diritto alla volgarità e, quindi, al capovolgimento di ciò che vale: al posto dell’intelligenza il trionfo del cretino; in luogo della conoscenza l’ignoranza; invece del limite la tracotanza.

Come se ne esce? Non senza difficoltà, se se ne esce. Infatti, nell’epoca  – come diceva Alan Sorrenti –  dei figli delle stelle c’è un nuovo capovolgimento che si narra nell’apologo dei cavalli e degli asini. Ora ve lo racconto.

L’altra sera dalla signora Gruber c’era una giornalista del quotidiano La Verità che diceva: “Il Tav è il cavallo di battaglia del M5S”. Il Movimento con questo cavallo di battaglia ha, nell’ordine: fatto ridere il mondo; isolato l’Italia; interrotto una delle vie di comunicazione più antiche in Europa che dal Rinascimento in poi ha fatto la fortuna della borghesia italiana; dimostrato che, come l’élite precedente, è al governo ma non governa con la differenza, però, che la nuova élite popolare è anche incapace di gestire l’esistente.

Si può dire, allora, che il cavallo di battaglia del M5S è, in realtà, un asino di battaglia.

Nel M5S l’asino di battaglia non è un’eccezione ma la regola. Eccone una lista incompleta: chiusura domenicale dei negozi e perdita di migliaia di posti di lavoro; chiusura in terra e in mare dei cantieri; decreto dignità con incentivo alla disoccupazione; fantasma del reddito di cittadinanza; primo boom economico recessivo della storia; il dittatore Maduro è un “sincero democratico”; il presidente Macron è un nemico e il vicepresidente del Consiglio, Luigi Di Maio, incontra a Parigi il leader dei gilet gialli che predica e pratica la rivoluzione e la violenza; Roma da quando è amministrata non solo da Virginia Raggi ma dalla classe politica dei grillini ha perso il titolo di “città eterna” e ha i giorni contati.

La sostituzione del cavallo con l’asino di battaglia ci fa capire che si è realizzata quella che Giovanni Sartori chiamò  – alla fine degli anni Sessanta, visto lo sfacelo dell’università -: asinocrazia.

Fino a quando durerà il potere dei somari? Fino a quando quel “dio mortale” che è lo Stato non collasserà dimostrando che, al contrario di quanto dicono gli asini di battaglia e tendono a credere per convenienza gli Italiani, il Leviatano non è la soluzione ma l’origine dei mali e dei problemi.

Giancristiano Desiderio, 15 febbraio 2019

 

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