The Urban Mobility Council, il Think Tank nato nel 2022 su iniziativa del Gruppo Unipol per immaginare i trasporti del futuro, prende la parola davanti al Parlamento europeo. E propone un nuovo paradigma – più sostenibile, equo e inclusivo – per la misurazione delle emissioni di CO2 delle auto private. L’idea è di non considerare più la sola classe euro del motore ma lo stile di guida.
Centrale lo stile di guida
Una rivoluzione culturale – quella proposta a Bruxelles dall’ad di UnipolSai Matteo Laterza e da Sergio Savaresi, Direttore del Dipartimento Elettronica Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano – basata su due dati di fatto. Primo punto: nei prossimi anni circa sette auto a motore endotermico su dieci non potranno essere sostituite da una e-car, come dimostra la ricerca E-Private Mobility Index condotta da Unipol insieme allo stesso Politecnico, a causa di diverse ragioni strutturali come autonomia, ricariche e listino prezzi. Punto due: non è vero che tutte le auto Euro 4 sono da rottamare e che tutte le Euro 6 sono virtuose. Perché dipende dallo stile di guida di ciascuno, una velocità troppo alta o anche troppo bassa può peggiorare le emissioni.
Non sempre i motori Euro 6 migliori degli Euro 4
Può sorprendere ma è così, come ha dimostrato ricerca “Greenbox: l’uso della telematica per un nuovo paradigma di sostenibilità”, analizzando un campione di 3.000 veicoli immatricolati nella Penisola e percorrenze di almeno 15mila chilometri l’anno. In particolare, spiega Unipol, le emissioni medie totali effettive di CO2 degli Euro 4 sono superiori del 20% rispetto a quelle medie degli Euro 6, ma appena si passa a emissioni effettive si scopre al contrario che il 26% dei veicoli Euro 4 emette meno CO2 rispetto ad altrettanti veicoli Euro 6. La differenza sale a sei volte se si confronta un veicolo ad ”alte emissioni” Euro 6 con uno a ”basse emissioni” Euro 4 e a 10 volte nel contesto urbano.
Un nuovo paradigma basato sul guidatore
Occorre pertanto un salto di paradigma: sostituire il modello basato sulla centralità della classe di motore con uno veicolo-centrico, in cui l’individuo diventi il protagonista consapevole della sostenibilità del Pianeta. Questo è possibile grazie alle scatole nere, una tecnologia in cui il gruppo assicurativo presieduto da Carlo Cimbri è leader in Italia così come nel mercato delle polizze auto. Possono infatti trasformarsi in vere “green box”, in grado di misurare in modo puntuale l’effetto serra di ciascun veicolo basandosi, oltre che sulle specifiche del motore, su variabili come: tipo di strada percorsa, chilometraggio, velocità media, sullo stile di guida o altri parametri ESG.
Maggiore attenzione alle fasce deboli
Se l’Unione Europea adottasse questo approccio, raggiungerebbe anche l’obiettivo di una maggior attenzione verso le fasce di popolazione a minor reddito. Perché non dovrebbe più limitare a priori la possibilità di spostarsi delle persone a seconda della sola classe del motore e quindi non obbligherebbe a rottamare vetture guidate in modo rispettoso dell’ambiente. Le green box sarebbero “certificate” e indissolubilmente legate al veicolo, ma ciascun automobilista dovrebbe essere pronto ad accettare, anche in termini di privacy, di essere “misurato”.
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