Politica

Tre motivi per evitare i contro-dazi come la peste

La mossa di The Donald e la risposta dell’Unione Europea. Al bullismo economico non si risponde sparandosi sui piedi

Meloni indagata (2)

Nella confusa questione dei dazi imposti da Donald Trump alcune cose balzano agli occhi. In primis, per come la si voglia mettere, la strategia economica del Tycoon, per quanto basata sull’esigenza di sanare evidenti asimmetrie che avvantaggiano molti dei partner commerciali degli Usa, Europa in testa, appare abbastanza folle, tale da portare ad una preoccupante destabilizzazione dell’economia e della finanza globale. Basta guardare l’andamento delle borse internazionali per averne una chiara esemplificazione. In questo caso, in aggiunta al caos creato dai dazi medesimi, le piazze finanziarie scontano anche l’incertezza che un certo atteggiamento ondivago di Trump, di cui non si comprende esattamente la finalità delle sue mosse e della loro inquietante durata, sta generando in qualsiasi tipo di investimento.

Molto brevemente, per quanto riguarda l’Unione europea, dopo una certa riflessione, sostenuta da alcuni grafici, mi sono convinto che essa dovrebbe evitare come la peste di imporre all’America analoghe tariffe doganali generalizzate in risposta all’iniziativa del presidente statunitense. Ciò in primis perché, come abbiamo sopra accennato, nella Comunità europea vige da tempo una sorta di strisciante e crescente protezionismo che, con in tutti i casi del genere, penalizza gli importatori americani ed esteri e, soprattuto, penalizza in molti settori i proprio consumatori, costringendoli ad acquistare a prezzi più alti prodotti che spesso risultano anche più scadenti di quelli che potrebbero essere introdotti liberamente dalla concorrenza di altri Paesi.

In secondo luogo, ed è questo a mio avviso il ragionamento da fare in questa delicata fase dei rapporti con lo storico alleato d’Oltreoceano, è assai probabile che a dare una risposta piuttosto convincente e risolutiva al bullismo economico di Trump ci penseranno direttamente i cittadini statunitensi e le relative imprese. Tant’è che già all’indomani della forsennata campagna tariffaria di Trump, i sondaggi americani segnalano una brusca inversione di tendenza a sfavore del Capo supremo, a cui si accompagna un crescente malcontento all’interno dello stesso Partito repubblicano.

E che sia abbastanza strampalata tale iniziativa politica, fondata evidentemente su calcoli eseguito un po’ alla carlona ad essere buoni, lo dimostra il significativo esempio di due Stati lontanissimi tra loro soprattutto sul piano dello sviluppa economico: la Svizzera e il poverissimo Lesotho. In quest’ultimo caso, al piccolo e sperduto Paese africano è stata applicata la più alta tariffa del suo Continente, superando con il 50% anche la ben più produttiva Cambogia. La Svizzera, invece, ha ricevuto in “regalo” dazi addirittura più alti di quelli imposti all’Ue, malgrado essa sia uno dei pochi Paesi al mondo che non applica alcun dazio sulle merci e sui servizi statunitensi.

Da tutto questo si evince che occorra convincere, spero e mi auguro con le buone, il presidente della più potente e prospera nazione del mondo a imprimere una sostanziale correzione ad una linea che non potrà che produrre molti danni a tutti, senza praticamente nessun beneficio per nessuno.

Claudio Romiti, 8 aprile 2025

Nicolaporro.it è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati (gratis).

Iscrivi al canale whatsapp di nicolaporro.it
la grande bugia verde

SEDUTE SATIRICHE