«Drill, baby, drill». Non rinuncia a ripetere una sua vecchia battuta, Donald Trump, e non lo frena neanche la solennità dell’evento. Una battuta che, a noi che apprezziamo la goliardia, suona gradevolmente irriverente, e che gli imbecilli in servizio permanente effettivo denunciano sessista, in mancanza di argomenti. Dopo il faceto, ecco il serio, per chi si rifiuta di ascoltare: «America has the largest amount of oil and gas and we are going to use it».
Altro che Greta Thunberg, povera bambina vittima di mercanti di bambini, che urlava di lasciare sottoterra petrolio, carbone e gas. Rammentate? Alcuni anni fa i due – il presidente e la bambina viziata – si erano trovati a pochi metri di distanza reciproca, con la seconda che sbavava un minimo di attenzione dal primo – ehi, son qua! Neanche mi guardi, mentre tutto il mondo si genuflette ai miei piedi? Come osi? – il quale a sua volta, dall’alto dei suoi quasi 1.90 metri le concedeva l’importanza di chi non ha alcuna importanza. Non era la bambina, quella che ignorava, allora, il presidente: ignorava chi ne aveva fatto oggetto da mercato. E lo ha ripetuto il giorno del suo secondo giuramento presidenziale: «we will end the Green new deal».
Ci piace pensare che stesse parlando ad una meritatamente snobbata Ursula von der Leyen, anche se temiamo che il presidente non debba averla in maggiore considerazione della piccola Greta. Più probabilmente parlava ai propri concittadini: «We will be a rich nation again and it is that liquid gold under our feet that will help to do it; we will revoke the electric vehicle mandate and you’ll be able to buy the car of your choice». Potrete acquistare l’automobile che preferite. Vivaddio!
Alcuni commentatori di casa nostra, pecore del sunnominato gregge di imbecilli in servizio permanente effettivo, si sono lamentati dell’inno del presidente alle fonti – cito fedelmente – “brutte, sporche e cattive”. Sarebbe il caso, invece, di istituire la giornata mondiale di codeste fonti, che sono invece belle e buone (e, se noi lo vogliamo, anche pulite), portatrici di benessere e, con esso, di riduzione delle disuguaglianze tra gli uomini, e di pace. Avesse avuto consapevolezza della loro esistenza, San Francesco d’Assisi le avrebbe incluse nell’elenco delle cose meritevoli della lode del Signore. «È l’oro liquido che abbiamo sotto i nostri piedi che aiuterà l’America a restare quella nazione ricca che essa già è», dice il presidente, ben consapevole che: «the inflation crisis was caused by a massive escalation of energy prices», escalation a sua volta causata, appunto, dalla politica del Green new deal. Dopotutto, Trump 4 anni fa consegnava un’America con l’inflazione all’1%, che il suo successore avrebbe elevata all’8%. Strano che i commentatori politologi – ah, gli esperti… non si smentiscono mai! – si fossero meravigliati della schiacciante vittoria elettorale.
Ma ci sono alcune frasi del discorso di Trump che dovrebbero destare preoccupazione da questa parte dell’oceano, che però si trova nelle mani di una classe dominante di irresponsabili dilettanti: «During every single day of the Trump administration, I will very simply put America first. We will export American energy all over the world.Instead of taxing our citizens to enrich other countries, we will tariff and tax foreign countries to enrich our citizens». Che il presidente americano voglia mettere l’America al primo posto – e che lo voglia fare con ogni legittimo mezzo, compresi i dazi, se è ciò che egli ritiene sia giusto – è cosa apprezzabile, già da sola come principio. In pratica, però, la cosa potrebbe essere devastante da questa parte dell’oceano, a meno che…
A meno che anche da noi si dica lo stesso. Gli unici con responsabilità di governo e con la forza morale di dirlo, al momento, sono due: Viktor Orbán e, soprattutto, Giorgia Meloni. C’è da sperare che in Germania e in Romania le cose si evolvano nella stessa direzione, ma al momento Giorgia Meloni ha una grande responsabilità per il futuro dell’Europa. È lei che avrebbe la forza morale di replicare – con simpatia, sì, ma anche con fermezza – che anche questa parte dell’Oceano mette al primo posto i propri interessi. Che – diciamolo chiaro e tondo – non sono di acquistare gas dagli Usa, né tanto meno, in mancanza, temere la minaccia di dazi. Se Donald Trump è quel che ha dimostrato di essere nel passato e dice di essere oggi, ricambierà la stima e la simpatia e comprenderà la fermezza. Ed è proprio lui che ci darebbe l’opportunità di correggere i nostri errori quando ha pronunciato, chiare, le parole: «Our armed forces will be free to focus on their sole mission: defeating America’s enemies.We will measure our success not only by the battles we win, but also by the wars that we end, and perhaps most importantly, the wars we never get into». La missione delle forze armate americane è sconfiggere i nemici dell’America, cioè sconfiggere chi vuole il male dell’America, il cui successo si misura, soprattutto, sulle guerre cui si pone fine e, ancora di più, su quelle nelle quali non prendiamo parte. Il riferimento è al conflitto Russo-Ucraino, nel quale l’America non avrebbe dovuto immischiarsi. E, se non si fosse immischiata, non sarebbe mai nato.
L’Ucraina è un paese vittima anche della propria irresponsabile classe dirigente, e come uscirà dalla fine di questo conflitto è difficile dire. Più facile, invece, è affermare che il conflitto deve finire e – se è vero che gli interessi dell’Europa devono stare al primo posto per gli europei – con la Russia bisogna ricucire. E bisogna farlo non per le ragioni dette da quelli in servizio permanente effettivo di cui sopra, e cioè – questo ho ascoltato con sgomento – “perché non bisogna favorire una amicizia troppo stretta tra Russia e Cina”, ma perché è la convivenza pacifica la garanzia del benessere. È interesse di tutti che tutti convivano reciprocamente in pace, ognuno sovrano a casa propria: Russia e Cina, America e Cina, America e Russia, ciascuna delle nazioni dell’Europa con Russia, con Cina e con America. Magari nella sana competizione ove ognuno mette al primo posto i propri interessi. Ma che sia competizione sana e, soprattutto, pacifica. I guerrafondai da salotto hanno fatto sufficiente danno negli ultimi tre anni: non abbiamo bisogno di costoro.
Franco Battaglia, 22 gennaio 2025
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