Da quindici giorni non si parla d’altro che dei dazi di Trump, descritto come “brutto, sporco e cattivo” per aver mantenuto le promesse fatte in campagna elettorale, un comportamento piuttosto insolito a queste latitudini. Non essendo un esperto di economia, ma stanco di essere travolto da una marea di (dis)informazioni che non mi aiutavano a capire cosa stesse accadendo – fatta eccezione per l’ottima rubrica “Red Pill” su Atlantico Quotidiano e qualche gustosa “Zuppa” di Nicola Porro – ho deciso di leggere con attenzione l’articolo di Kenin M. Spivak, fondatore e presidente di SMI Group LLC, una società di consulenza internazionale e banca d’investimento. Ovviamente, la posizione di Spivak, come ogni opinione, è partigiana, ma ritengo fondamentale comprenderla per capire perché gli elettori repubblicani americani, che rappresentano la maggioranza, considerino gli europei degli “scrocconi”.
Provo a riassumere e integrare quanto scritto da Spivak, rimandando, come sempre, all’articolo originale.
Come noto, il 2 aprile Trump ha proclamato il “Giorno della Liberazione”, introducendo una tariffa globale di base del 10% e le cosiddette “tariffe reciproche” personalizzate. Poiché il deficit commerciale degli Stati Uniti con l’UE nel 2024 rappresentava il 39% delle importazioni, ha applicato una tariffa reciproca “scontata” del 20% sulla maggior parte dei beni europei non soggetti alla tariffa del 25%. Dopo una settimana, escludendo la Cina, Trump ha sospeso le tariffe reciproche per 90 giorni per favorire i negoziati, e l’UE ha rinviato le sue ritorsioni. Qui sorge un mio dubbio personale: è corretto considerare solo la bilancia commerciale dei beni? A mio avviso, sì e no.
Sì, perché uno degli obiettivi dichiarati di Trump è riportare la manifattura negli USA, rendendo meno competitiva la produzione estera. Non dimentichiamo che gli Stati Uniti sono diventati estremamente vulnerabili nella produzione industriale, compromettendo pericolosamente perfino la sicurezza militare. Ad esempio, esiste una sola fabbrica obsoleta per la produzione di esplosivi militari, mancano materie prime essenziali per armamenti ed elettronica avanzata, la cantieristica navale è quasi inesistente, e l’elenco potrebbe continuare. Al di là delle considerazioni economiche, per una superpotenza è cruciale garantire un livello minimo di autosufficienza industriale. Trump e il suo staff sono certamente consapevoli delle difficoltà di questa reindustrializzazione, ma non ci sono alternative. La Cina è vicina. Pertanto, i dazi sono uno strumento, non un fine.
Tuttavia, un’obiezione ricorrente riguarda il disavanzo commerciale: se è vero che il deficit nei beni è evidente, considerando i servizi e i fattori finanziari la situazione si ribalta. Anche qui, la realtà appare più complessa. Per districarmi tra una montagna di dati economici e finanziari, ho chiesto aiuto all’intelligenza artificiale, ottenendo il seguente quadro:
1. Bilancia commerciale dei beni
Nel 2024, gli Stati Uniti hanno registrato un deficit commerciale di beni con l’UE:
- Esportazioni USA verso UE: circa 370,2 miliardi di dollari (357 miliardi di euro).
- Importazioni USA dall’UE: circa 605,8 miliardi di dollari (584 miliardi di euro).
- Deficit commerciale di beni: circa 235,6 miliardi di dollari (227 miliardi di euro).
Questo deficit riflette la maggiore esportazione di beni dall’UE verso gli USA, con Germania e Italia tra i principali contributori.
2. Bilancia commerciale dei servizi
Gli Stati Uniti hanno un surplus commerciale nei servizi con l’UE. Nel 2023 (ultimo dato completo disponibile):
- Esportazioni di servizi USA verso UE: 396,4 miliardi di euro.
- Importazioni di servizi USA dall’UE: 292,4 miliardi di euro.
- Surplus nei servizi: circa 104 miliardi di euro (109 miliardi di dollari, con un tasso di cambio medio di 1,05 USD/EUR).
Per il 2024, i dati preliminari indicano un surplus simile o leggermente superiore, stimato tra 109 e 110 miliardi di euro (115-116 miliardi di dollari), in linea con la crescita del commercio di servizi.
Questo surplus è guidato da settori come servizi digitali, professionali, finanziari e proprietà intellettuale, dove le aziende USA (es. Big Tech) vantano un vantaggio competitivo.
3. Bilancia complessiva di beni e servizi
Sommando beni e servizi, l’Ue mantiene un surplus commerciale complessivo:
- Nel 2023, l’UE ha registrato un surplus totale di circa 48-52 miliardi di euro (50-55 miliardi di dollari), con un surplus nei beni di 156 miliardi di euro e un deficit nei servizi di 104 miliardi di euro.
- Per il 2024, considerando il deficit nei beni (circa 227 miliardi di euro) e il surplus nei servizi (circa 109 miliardi di euro), il surplus complessivo dell’UE è stimabile intorno a 118 miliardi di euro (circa 124 miliardi di dollari). Questo valore è approssimativo, poiché i dati definitivi per il 2024 non sono ancora completi.
4. Fattori finanziari e altre componenti delle partite correnti
La bilancia commerciale (beni e servizi) è solo una parte delle partite correnti, che includono:
- Redditi primari (es. profitti da investimenti diretti esteri, dividendi, interessi).
- Redditi secondari (es. rimesse, aiuti internazionali).
- Flussi finanziari (es. investimenti diretti esteri, investimenti di portafoglio).
Redditi primari
Gli Stati Uniti tendono ad avere un surplus nei redditi primari con l’UE, grazie agli elevati profitti delle multinazionali USA in Europa (es. Apple, Google, Pfizer). Nel 2023, il surplus USA nei redditi primari globali è stato significativo, e con l’UE si stima un contributo positivo di circa 50-80 miliardi di dollari nel 2024, in linea con i trend storici, sebbene manchino dati precisi.
Flussi finanziari
– Investimenti diretti esteri (IDE): gli USA attraggono maggiori IDE dall’UE rispetto a quelli inviati. Nel 2024, l’Italia ha investito circa 5 miliardi di euro negli USA, contro 1,5 miliardi degli USA in Italia, con un flusso netto a favore degli Stati Uniti. A livello europeo, gli investitori UE detengono circa il 17% di Wall Street, contribuendo alla posizione finanziaria netta degli USA.
– Investimenti di portafoglio: l’UE investe massicciamente in titoli USA (es. Treasury bonds), rafforzando la domanda di dollari e finanziando indirettamente il deficit commerciale USA. Questo non si traduce in un surplus commerciale diretto, ma riduce la pressione sul deficit delle partite correnti.
Rimesse e altri flussi
Le rimesse e i trasferimenti secondari sono meno rilevanti tra USA e UE, ma gli USA beneficiano di flussi netti positivi grazie alla loro attrattiva come destinazione per capitali globali.
Stima complessiva del saldo delle partite correnti
Nel 2023, il deficit delle partite correnti USA con l’UE è stato di circa 52 miliardi di euro (0,2% del PIL USA), grazie al surplus nei servizi e nei redditi primari che compensa parzialmente il deficit nei beni. Per il 2024, ipotizzando:
- Deficit nei beni: -227 miliardi di euro.
- Surplus nei servizi: +109 miliardi di euro.
- Surplus nei redditi primari: +50-80 miliardi di euro (stima prudenziale).
- Rimesse e altri flussi: trascurabili o leggermente positivi per gli USA.
Il deficit delle partite correnti USA con l’UE si ridurrebbe a circa 38-68 miliardi di euro (40-71 miliardi di dollari). Questo valore potrebbe essere ulteriormente attenuato dai flussi finanziari netti (es. IDE e investimenti di portafoglio), portando il saldo vicino alla parità o a un leggero deficit per gli USA.
Considerazioni e incertezze
- Dati incompleti per il 2024: i dati definitivi per servizi e redditi primari non sono ancora disponibili; quindi, la stima si basa su proiezioni e trend del 2023.
- Tasso di cambio: le fluttuazioni tra dollaro ed euro possono influire sui valori.
- Politiche commerciali di Trump: le tariffe del 2024 (es. 25% su acciaio e alluminio) e le ritorsioni dell’UE (es. dazi su bourbon e motociclette) potrebbero aver alterato i flussi commerciali, ma l’impatto completo si vedrà nel 2025.
- Natura del deficit USA: il deficit commerciale USA è in parte una conseguenza dell’egemonia finanziaria del dollaro, che consente di finanziare importazioni emettendo debito in dollari. Questo rende il deficit meno problematico, ma non equivale a un surplus.
Conclusione
Nel 2024, gli Stati Uniti registrano un deficit commerciale complessivo con l’UE, stimato tra 38 e 68 miliardi di euro (40-71 miliardi di dollari) nelle partite correnti, considerando beni, servizi e redditi primari. Non si può parlare di un surplus commerciale USA, poiché il deficit nei beni supera il surplus nei servizi e nei redditi. Tuttavia, i flussi finanziari (es. IDE e investimenti di portafoglio) mitigano l’impatto economico di questo deficit, grazie alla capacità degli USA di attrarre capitali europei (qualcuno si è chiesto perché?).
Questa conclusione appare sensata e in linea con il sentimento americano. Va sottolineato che lo squilibrio nei servizi deriva principalmente dall’incapacità europea di offrire alternative competitive rispetto alle aziende USA. Il caso di Starlink evidenzia la nostra arretratezza tecnologica, al punto da rasentare il ridicolo.
Tornando all’articolo, l’economia statunitense, con un PIL di 29 trilioni di dollari (86.600 dollari pro capite), è significativamente più robusta di quella dell’UE (19 trilioni di dollari, 45.300 dollari pro capite) (nessuno si chiede il motivo?). Tuttavia, l’UE penalizza la competitività americana con normative stringenti su antitrust, censura (il vicepresidente Vance ha citato esempi inquietanti all’ultima Conferenza di Monaco), privacy (stendiamo un velo pietoso), DEI (idem), requisiti di contenuto locale (almeno il 50% per gli acquisti governativi) e standard tecnici variabili tra paesi, che rendono oneroso per le aziende USA operare in Europa.
Esempi concreti includono il settore automobilistico, con 757.654 veicoli importati dagli USA contro soli 169.152 esportati, e quello agricolo, dove le esportazioni USA verso l’UE sono cresciute solo da 9 a 13 miliardi di dollari in 25 anni, mentre le importazioni sono triplicate, raggiungendo 34,5 miliardi. L’UE impone tariffe elevate (fino al 26% su pesce e frutti di mare, 22% su camion, 10% su automobili) e barriere non tariffarie, come restrizioni sulla proprietà straniera, requisiti di etichettatura e multe fino al 20% del fatturato globale per i fornitori di servizi digitali che non rispettano le normative europee.
L’articolo critica l’UE per limitare l’accesso al mercato statunitense in settori come cinema, televisione e professioni legali, e per normative su dati e intelligenza artificiale che confliggono con le leggi USA. Conclude che, senza concessioni significative da parte dell’UE, Trump dovrebbe rispondere con tariffe e misure non tariffarie mirate, attribuendo la responsabilità dei costi economici all’Europa.
Che dire, “Molti mancano dell’originalità di mancare di originalità. La follia lucida è il coraggio di pensare oltre i confini del banale.” O. Wilde.
Carlo MacKay, 17 aprile 2025
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