Cronaca

Ue, c’è l’accordo: cosa prevede il Patto sui migranti e l’asilo

Consiglio e Parlamento hanno raggiunto l’intesa sui cinque pilastri principali della riforma: “È un nuovo inizio”

ursula meloni migranti

Fumata bianca tra Consiglio e Parlamento Ue sui cinque pilastri principali del Patto sui migranti e l’asilo. “Il 20 dicembre 2023 passerà alla storia. Il giorno in cui l’Ue ha raggiunto un accordo fondamentale su una nuova serie di regole per gestire la migrazione e l’asilo. Ancora una volta l’Europa ha sfidato le previsioni. Sono molto orgogliosa del fatto che con il Patto per la migrazione e l’asilo abbiamo ottenuto risultati e fornito soluzioni”, la soddisfazione della presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola. L’intesa sull’accordo è stata frutto di lunghe trattative, ha ammesso il ministro Matteo Piantedosi, che ha posto l’accento sul ruolo da protagonista interpretato dall’Italia “per affermare una soluzione di equilibrio che non facesse più sentire soli i Paesi di frontiera dell’Ue, particolarmente esposti alla pressione migratoria”. Ma cosa prevede questo Patto?

Il Patto sui migranti e l’asilo è stato messo a punto per facilitare l’accoglienza dei richiedenti asilo e per favorire il rimpatrio di coloro che non hanno il diritto di restare sul territorio europeo. Il sistema di gestione delle politiche migratorie si è più volte dimostrato inefficace e ora, dopo ore e ore di negoziati, è stata pianificata una strategia pensata per contenere le emergenze. Il pacchetto comprende nove atti legislativi, di cui cinque sono stati concordati oggi.

L’elemento principale del Patto sui migranti e l’asilo riguarda la normativa sulla gestione dell’asilo e della migrazione, destinata a sostituire il Regolamento Dublino, che ad oggi stabilisce le norme per determinare quale Stato membro è competente per l’esame di una domanda di asilo. Per bilanciare l’attuale sistema, è previsto un nuovo meccanismo di solidarietà obbligatorio ma anche misure per prevenire abusi e movimenti secondari. Una buona notizia per l’Italia, spesso tra i pochi Paesi membri di ingresso considerati responsabili della stragrande maggioranza delle domande di asilo.

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Per i Paesi alle prese con una forte pressione migratoria, altri Stati membri avranno la possibilità di scegliere tra ricollocare i richiedenti asilo nel loro territorio oppure versare contributi finanziari. In questo caso, il calcolo della cifra è basata sulla dimensione della popolazione e sul suo Pil. Fissata inoltre la soglia minima per i ricollocamenti a 30 mila richiedenti e il contributo finanziario a 600 milioni di euro. In base a quanto stabilito, in caso di impegni di ricollocamenti insufficienti “uno Stato membro beneficiario può chiedere agli altri Stati membri di assumersi la responsabilità di esaminare le domande di protezione internazionale delle persone che devono essere rimpatriate nello Stato membro beneficiario, invece di contribuire con i ricollocamenti”, spiega l’Agi.