Governo

Zero tituli per Draghi in politica estera - Seconda parte

Leadership nei Balcani

Turchia, Libia, Egitto, con tutto quel che consegue, non hanno portato fortuna al Premier che però adesso potrebbe, ad esempio, sfruttare gli ottimi rapporti di Di Maio soprattutto con Tirana e gli altri paesi dì quell’area per riprendersi la leadership dei Balcani. Non è un mistero che il futuro in quella regione, così come aveva intuito Gianni De Michelis nel 1989, sia per l’Italia una indiscutibile priorità. Terra amica, è diventata un hub energetico strategico per il passaggio di gasdotti e oleodotti. L’Europa lì ha perso tempo e terreno, lasciando spazio ad altri player internazionali (Cina, Russia e Turchia).

A meno che, come è già successo per la Libia, non saranno i francesi a giocare questa partita a tutto svantaggio di Roma. Anche se a dicembre, con Macron in uscita, firmeremo con i transalpini “Il Trattato del Quirinale’, un accordo di collaborazione che certamente farà ingelosire ed irritare la Germania. Sui Balcani, a cui anche il Vaticano guarda con interesse per la presenza di tante comunità religiose, andrebbe riattivato un Segretariato, voluto con lungimiranza dal governo Berlusconi, magari coinvolgendo una personalità carismatica e riconosciuta capace di coniugare energia con geopolitica. S

arebbe per Roma una grande opportunità ma Super Mario assomiglia a Bergoglio quando la domenica apre la finestra e comunica urbi et orbi qualche decisione improvvisa e non concordata. Draghi, come il Pontefice, non ama consultarsi con nessuno, neppure con i capi delegazione dei partiti nel suo governo (Gelmini, Patuanelli, Franceschini Giorgetti, Speranza, Bonetti) anche se, a differenza del ‘favelloso’ Francesco, parla poco e non esterna pubblicamente. Come suggerirebbe Seneca: “comandare a se stessi è la forma più grande di comando”. Ma il più delle volte finisce male.

Luigi Bisignani, Il Tempo 17 ottobre 2021

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