Gli apparati di sicurezza italiana stanno preparando mezzi e personale per la messa esequiale di domani, con relativo trasferimento (lungo 6 km) della salma da San Pietro a Santa Maria Maggiore. I nostri bravi funzionari sono costretti a lavorare di fantasia, supponendo che le delegazioni con capi di stato e primi ministri che saranno presenti sul sagrato del Vaticano siano, più o meno, come per i funerali di Giovanni Paolo II: 170 o giù di lì.
Perché devono sforzare la fantasia? Perché dall’apparato della cosiddetta comunicazione vaticana non giunge alcuna notizia. Il culmine è arrivato il giorno della morte, peraltro comunicata dal cardinal Farrel verso le 10. Dopo un’ora e mezzo, alla richiesta di un collega straniero di avere una conferma della notizia la sala stampa rispondeva: adesso ci informiamo.
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Mercoledì le richieste di accredito della stampa del mondo intero erano arrivate a 4000 e 2300 sono state evase nella giornata, Gli altri, più quelli arrivati giovedì, continuano a fare la fila e a chiedere notizie ai colleghi italiani: per molti di loro, se non proprio tutti, il Vaticano è come Marte e nessuno dei 600 ‘giornalisti’ del Dicastero della Comunicazione ha pensato di mettere nelle loro mani un sommario breve e preciso di quello che sono venuti a vedere e raccontare.
Quando morì Papa Benedetto XVI la quarantina di capi di stato, compreso la regina Sofia di Spagna, venivano accolti dopo attese di oltre mezz’ora da un ‘protocollo’ composto da una sola persona, un laico, vestito di scarpe da tennis, jeans e maglioncino. Pare che il personaggio sia stato gratificato da almeno due parolacce da parte di Viktor Orban. Questa volta, a vedere il numero di talari violacee e relative mozzette e mantellette, tenute sotto naftalina durante il regno di Bergoglio, può darsi che le cose con il ritorno in campo della Segreteria di Stato vadano come ai vecchi tempi, in modo impeccabile.
Luigi Bisignani, Il Tempo, 25 aprile 2025
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