Politica

“Almasri? È netto che…”. Ci pensa Minniti a stroncare la sinistra (e Lo Voi)

L’ex ministro che fece accordi con i capitribù: “La Libia è strategia, è sicurezza nazionale. Non sempre automatico aprire le inchieste”

Clip minniti © YiuCheung tramite Canva.com

Alla fine a chiudere la partita non poteva che essere lui, Marco Minniti, ex ministro dell’Interno, piddino, ma che sulla Libia conosce dossier che voi umani non potreste neppure immaginare. Minniti sa che “la Libia è strategica”, conosce l’avversione che il suo stesso partito ha avuto nei confronti degli accordi che fece con guardiacoste e capitribù libici, sa che il caso Almasri non riguarda solo la Corte Penale Internazionale o i cavilli giuridici, ma si porta dietro delle delicate questioni “generali”. E soprattutto geopolitiche.

“La Libia era ed è una questione di interesse nazionale al suo livello più alto: la sicurezza nazionale, cioè l’incolumità anche fisica di ogni cittadino. Un pezzo grande di sicurezza nazionale si gioca fuori dai confini nazionali”, spiega l’ex ministro in un’intervista al Corriere. “E la base più avanzata dei trafficanti di esseri umani. Secondo: vi si gioca una partita energetica essenziale, come si è visto nella vicenda ucraina. Terzo: l’Africa è il principale incubatore di terrorismo internazionale e solo qualche anno fa la capitale moderna della Libia, Sirte, era in mano allo Stato Islamico”.

Insomma: c’è poco da scherzare quando si tratta di arrestare un leader libico. Minniti sa che i problemi vengono da lontano: dalla caduta di Gheddafi, dalla mancata firma del nuovo governo della Convenzione di Ginevra, dai Memorandum votati (dal Pd e dagli altri partiti) ma mai applicati fino in fondo, dalla mancanza di visione di un Paese come l’Italia che non riesce a concepire le migrazioni come problema “strutturale” e non “emergenziale”. Ecco perché se il governo può aver commesso un errore sul caso Almarsi è solo quello di non aver “utilizzato sin dall’inizio il tema della sicurezza nazionale” che “è netto”. “Ne imparai il senso nel 1998 – spiega – vedendo che i tedeschi non ci chiesero l’estradizione dell’arrestato Öcalan, capo del Pkk curdo, benché avessero emesso per lui un mandato di cattura per terrorismo: c’erano in Germania le comunità turca e curda più importanti d’Europa, un processo avrebbe devastato la tenuta sociale”.

Poco moralmente accettabile, forse. Ma utile ai fini della tenuta dello Stato. Come dice Bruno Vespa, a volte per garantire la sicurezza dei cittadini si fanno anche “cose sporchissime”. “Noi dobbiamo abituarci alla ‘guerra del bene contro il bene’, come dicono gli inglesi. L’unipolarismo occidentale è finito e non è alle viste un multipolarismo virtuoso. La sicurezza nazionale è cruciale. Lo Stato deve garantire questo, non è una ong”. Per questo Minniti critica anche il procuratore di Roma, Francesco Lo Voi, che ha fatto da passacarte aprendo un’indagine contro Meloni e diversi ministri, girando il fascicolo di Luigi Li Gotti al Tribunale dei ministri. “Non si deve mai dare un messaggio di ‘dagli all’untore’ – mette le mani avanti l’ex ministro – E mi auguro un ‘cessate il fuoco’ nella guerra tra politica e magistratura. Credo però che davanti a un esposto non sia automatica l’apertura di un’indagine, si valuta la congruità. La valutazione della Procura è legittima, certo. Tuttavia, essenziale è il momento. Se un esposto sottolinea criticità nell’azione del governo ed è prevista per il giorno dopo l’audizione dei ministri della Giustizia e dell’Interno, forse è doveroso aspettare le due audizioni, anche per valutare meglio la fondatezza dell’esposto. Ed evitare così un effetto molto negativo”.

Due appunti Minniti li fa anche sul caso albanese. L’ex ministro apprezza il “Piano Mattei” ideato da Giorgia Meloni, e suggerisce di concentrare “tutte le risorse finanziarie e politiche per farne un piano europeo”. Ma anziché puntare ai centri di accoglienza in Albania avrebbe puntato su accordi bilaterali con Libia, Tunisia e Costa d’Avorio che in passato “hanno funzionato”. “L’Europa deve stabilire con l’Africa un rapporto da pari a pari. Unione Europea e Unione Africana facciano un patto per le migrazioni legali, chiedendo all’Africa lotta ai trafficanti”. Anche perché il rischio è sempre dietro l’angolo: “Sa qual è la differenza fra Almasri e il siriano Al Jolani con cui tutti vogliono parlare adesso? – dice Minniti – Che Al Jolani guida un Paese intero, cruciale: se apre la frontiera e c’è un nuovo grande flusso di siriani verso di noi, l’Europa potrebbe non farcela”.

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