Esteri

Guerra in Medio Oriente

“Arabi e palestinesi vogliono la pace”. Perché è un falso

Da tempo la causa palestinese è stata fagocitata dalle forze islamiche che vogliono solo la distruzione di Israele e dell’Occidente

israele palestina © MarkRubens e numbeos tramite Canva.com

Da molto tempo ormai la questione palestinese non sembra riguardare più i palestinesi. Questo apparente paradosso cela in sé la tragica verità della fine di un ideale. Esso sopravvive solo nella retorica che i nuovi leader del fondamentalismo islamico usano per sobillare le masse dei disperati “senza-terra” istruendoli all’odio verso gli ebrei e verso l’Occidente.

Infatti, quella che un tempo era nota come causa palestinese è stata fagocitata dalle forze islamiche tramutandosi in una delle tante forme che assume la Jihad anti-occidentale. La crociata dei palestinesi per ottenere una patria, seppur storicamente discutibile e inficiata dagli innumerevoli rifiuti di costoro di addivenire ad un accordo con Israele, presentava, almeno filosoficamente, dei tratti condivisibili.

Benché tale causa sia sempre stata strumentalizzata dai paesi arabi confinanti con Israele (Giordania, Libano, Siria, Egitto) per giustificare le loro azioni militari, che mai hanno avuto come scopo quello di dare una terra ai profughi che non l’avevano, fino a qualche decennio fa si nutrivano ancora speranze che il popolo dei senza-terra potesse finalmente, un giorno, avere una patria. Le ultime speranze sembrarono infrangersi dopo il fallimento degli accordi di Camp David nel 2000. Nonostante le poderose concessioni che il premier israeliano Barak fece ad Arafat tra cui, è bene ricordarlo, una parte di Gerusalemme, quanto di più sacro ci sia per gli ebrei, quest’ultimo fece fallire il vertice rifiutando clamorosamente queste offerte.

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Tra le parti in causa e nei rispettivi popoli si iniziò a temere che una soluzione non ci sarebbe mai stata. La speranza tramontò per sempre con la presa di potere di Hamas sulla striscia di Gaza nel 2007. Le forze islamiche scacciarono con la violenza i rappresentati più “moderati” di al-Fatah stabilendo il dominio della Sharia su Gaza. Col passare degli anni le forze di Hamas si sono arricchite e hanno proseguito ad attaccare Israele con cadenza serrata. Il terrorismo è sempre stata una caratteristica della lotta armata palestinese contro lo stato ebraico. Le bombe di Habash messe sugli autobus, nei supermercati o sugli aerei ne sono un esempio, senza parlare dei sequestri, dirottamenti, attentati, massacri di civili senza colpe (olimpiadi di Monaco 1972 ed altro).

Tuttavia le azioni terroristiche avevano come obbiettivo far convergere l’attenzione del mondo sulla causa palestinese; a manifestare, seppur attraverso la barbarie, che si era pronti ad uccidere e a morire per la causa. L’islamizzazione del Medio oriente iniziata negli anni ’70 gettò le basi per il progressivo svuotamento del senso originale della causa palestinese. Tale realtà si evidenzia soprattutto nell’appoggio finanziario e ideologico che la repubblica islamica dell’Iran ha fornito, e continua a fornire, ai gruppi di Hamas ed Hezbollah.

Prima della presa del potere di Khomeini, e dunque dell’islamizzazione della nazione, l’Iran dello Scia’ fu addirittura alleato di Israele nella guerra del Kippur. Oggi ne è il peggior nemico. I senza-terra diventano lo strumento che i paesi arabi usano come pretesto per la cancellazione dello stato di Israele. Il presunto imperialismo degli ebrei viene sfruttato dai capi arabi per portare avanti la loro lotta contro gli stessi ebrei, relegando i palestinesi a strumenti della battaglia.

Hamas ed Hezbollah nel tempo monopolizzano la lotta armata e con essi la causa palestinese, ormai non più portata avanti dall’ANP e dal suo sbiadito capo Abu Mazen. La battaglia contro Israele assume i toni aspri e barbarici della guerra tra Islam e civiltà occidentale. Gli eventi del 7 ottobre ne sono la conferma. Nelle città della Cisgiordania si palude ai massacri di Hamas e si guarda loro come a degli eroi. I nuovi eroi della battaglia palestinese per la terra. Una terra che peraltro c’è già ed è per l’appunto la Cisgiordania. I coloni ebrei la abitano per motivi di sicurezza, per presidiare il sensibile confine con la Giordania.

I capi di Hamas hanno più volte ammesso che a loro non interessa il destino delle centinaia di migliaia di vittime dell’assedio di Gaza. Non interessa riportare acqua dove non c’è più o elettricità dove c’è bisogno. Loro vogliono solo la guerra. Una guerra permanente contro Israele fino alla sua cancellazione. Le nuove ideologie che illuminano le azioni di questi “combattenti per la libertà” non sono le teorie marxiste o leniniste sull’imperialismo o forme di socialismo estremizzato, ma le idee dei grandi teorici moderni della Jihad come l’egiziano Sayyid Qutb. Imporre la legge islamica dove essa non sia presente con la violenza. E attraverso la violenza distruggere ovunque regni la Jahiliyyah (ignoranza), ovvero tutte le nazioni che non rispettino i precetti del Profeta.

Così come la vittoria contro il comunismo sovietico in Afghanistan nel 1989 gettò le basi per l’islamizzazione estrema di quella parte di mondo, che diversi decenni dopo avrebbe conosciuto l’Isis, così l’originale battaglia dei palestinesi per la terra non è che una vestigia del passato, un ricordo sbiadito, vivo solo nella retorica violenta che si usa per fomentare il popolo dei senza-terra. L’Islam l’ha risucchiata e vi ha posto sopra il suo marchio rendendo la possibilità di una soluzione definitiva ancora più remota. Agli arabi e ai loro concorrenti sciiti non importa nulla dei palestinesi. Così come non se ne sono curati in passato, se non strumentalizzandoli, non se ne cureranno ora.

I senza-terra credono in loro perché non hanno nessun altro in cui credere. Ma almeno noi occidentali dovremmo, sia pur per un attimo, guardare la realtà per quello che è. Chi chiede a gran voce la pace sappia che fin quando saranno le forze fondamentaliste islamiche a fomentare il conflitto tra palestinesi ed ebrei, non potrà mai esservi nessuna pace. Nessuna soluzione “due paesi per due popoli”. Non è quello che i paesi arabi vogliono, non l’hanno mai voluto. Forse non se ne uscirà mai del tutto. Capirlo è però già un passo avanti.

Francesco Teodori, 16 novembre 2023