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Arcuri: nessuna pressione sulle terapie intensive. Ma i medici lo smentiscono

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La struttura commissariale dell’emergenza, al cui vertice opera il pluristipendiato Domenico Arcuri, dovrebbe fornire delle coordinate certe per orientare la popolazione e gli operatori sanitari nel quadro complesso di una realtà funestata dalla pandemia. Tuttavia, ogni giorno orecchiamo una comunicazione discordante dai dati di verità che testimonia un pressapochismo operativo inammissibile nel perdurare di una dinamica epidemica preoccupante che dovrebbe imporre, almeno, attendibilità informativa.

Serve personale medico

In queste ore le parole del commissario all’emergenza Covid, Domenico Arcuri, in merito all’assenza di pressione sulle terapie intensive, hanno provocato la reazione di smentita degli operatori sanitari. Domenico Arcuri, intervenuto alla conferenza digitale “Finanza e sistema Paese un anno dopo”, ha spiegato che a marzo in Italia “c’erano 5.179 posti letto di terapia intensiva”. Al picco dell’emergenza della prima ondata i pazienti Covid ricoverati in terapia intensiva erano “circa 7mila”, ovvero duemila in esubero rispetto alla disponibilità totale dei reparti attrezzati. “Oggi – ha aggiunto Arcuri – abbiamo circa 10 mila posti e arriveremo a 11.300 nel prossimo mese”.

Il “tutto va ben, madama la marchesa” del commissario è stato chiosato da Mario Riccio, primario di rianimazione a Casalmaggiore, in provincia di Cremona, e consigliere dell’associazione Luca Coscioni, che si sofferma su alcuni particolari rilevanti che ridicolizzano l’autoincensarsi di Arcuri nel suo favoleggiare di illusionistiche virtù: «La smentita della crisi relativa alle terapie intensive è una mezza verità. Il commissario Arcuri ha fatto riferimento ai soli posti letto, che come le attrezzature sono di facile reperibilità, ma il sistema sanitario soffre per la carenza di personale, tema non menzionato ma ugualmente prioritario. La forza lavoro, a differenza, non è acquistabile o formabile nel breve termine, la pressione in questo caso è diventata insostenibile».

«Rispetto alla prima ondata – prosegue il dottor Riccio – nelle aree di maggiore sofferenza non si stanno attuando trasferimenti di tecnici e infermieri, così come non stiamo importando personale dall’estero. Occorre innanzitutto sospendere in alcune aree tutte quelle attività chirurgiche non urgenti e coinvolgere nel settore pubblico anche il personale delle strutture convenzionate/accreditate minori, come le piccole case di cura, spostandolo nei reparti Covid, tutte cose che non stanno avvenendo». Arcuri dal suo eremo commissariale ha scodellato numeri che nella realtà non possono trovare operatività e chi è impegnato nella linea del fuoco della battaglia al coronavirus glielo ha ricordato.

Il commissario mente sui numeri

A rincarare la dose ci ha pensato Federico Gelli, presidente della Fondazione Italia In Salute, sostenendo che «il Commissario all’emergenza Covid Domenico Arcuri sbaglia. Il picco di pazienti Covid in terapia intensiva nella prima ondata è stato non di “circa 7 mila” ma di 4.068, il 3 aprile. E dire che oggi non vi è pressione in questi reparti è un azzardo. Innanzitutto, come ripetuto più volte dagli stessi anestesisti rianimatori, non basta un singolo ventilatore per fare un posto di terapia intensiva. Detto questo, non si può non tenere conto anche del tasso di occupazione dei pazienti non Covid presenti in quei reparti. Le altre patologie non sono scomparse per ‘magia’. Infine, va sottolineato che l’attivazione di circa 11.000 posti letto crea un problema: chi assisterà quei pazienti vista la carenza di specialisti? Come segnalato dall’Aaroi-Emac nelle scorse settimane, con gli attuali organici si riesce ad assistere circa 7.000 posti letto. Al crescere di questo numero rischiamo di avere un crollo nella qualità del servizio reso a queste persone».

Anche Antonio Giarratano, presidente Siaarti (anestesisti e rianimatori), in un videomessaggio mandato in onda ad Agora’ su RaiTre, respinge l’euforia di Arcuri ritenendola implausibile: «Viene affermato che la pressione sulle terapie intensive sia sostenibile ma in realtà nelle regioni rosse la pressione è quasi insostenibile e in quelle arancioni è molto ma molto pesante. Sostenere che 10.000 ventilatori possano garantire un sufficiente margine per sostenere questa crescita esponenziale di ricoveri in terapia intensiva significa pensare che basti saper accendere un ventilatore per salvare una vita. Purtroppo non è cosi».

Qualora le parole di Arcuri fossero state fondate il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici (Fnomceo), Filippo Anelli, non avrebbe chiesto il lockdown totale, lamentando la carenza di medici specialisti e i dati preoccupanti sia delle terapie intensive che dei ricoveri ospedalieri in tutta Italia.

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