Politica

Niente carcere per lo youtuber: saranno autovelox e limite a 30 a salvare vite?

A 120 km/h invece di 50 per una “sfida”, un bambino morto = 4 anni, niente carcere, servizi sociali e tanti saluti. Giustizia (e ingiustizia) nelle mani dei giudici

Matteo Di Pietro incidente youtuber (Tgcom24) Matteo Di Pietro all'uscita dal tribunale di Roma

Con il patteggiamento aggirato di fatto il reato di omicidio stradale aggravato. Puoi avere la migliore legge, ma la giustizia (e l’ingiustizia) è nelle mani dei giudici

Non siamo soliti su Atlantico Quotidiano occuparci di fatti di cronaca, ma per questo caso facciamo una seconda eccezione. Ricorderete il tragico incidente di Casal Palocco, Roma, in cui perse la vita il piccolo Manuel (5 anni), quando la smart su cui viaggiava fu travolta da uno youtuber alla guida di un Suv Lamborghini lanciato per una “sfida” a 120 km/h su una strada dove il limite era di 50, ne parlammo già all’epoca.

Niente carcere

Ebbene, ieri il gip di Roma ha convalidato il patteggiamento che nel dicembre scorso i legali di Matteo Di Pietro avevano concordato con la procura. Il procedimento quindi si è chiuso con una condanna a 4 anni e 4 mesi per i reati di omicidio stradale aggravato e lesioni, quando solo il primo prevede una pena minima di 5 anni e massima di 10. All’imputato sono state riconosciute le attenuanti generiche, in modo da non dover scontare la pena in carcere, dal momento che il termine massimo di pena previsto dalla legge per la concessione dei domiciliari è proprio 4 anni, ma il giovane ne ha già scontati una parte. Quanto basta, insomma, per evitargli il carcere.

“Credo che questa sia una condanna in linea con quelle che sono le finalità del nostro ordinamento, di rieducazione, risocializzazione, proprie della sanzione penale”, è stato il commento di uno dei legali di Di Pietro: “Nessuna condanna può mitigare il grave lutto”. Logica che messa così si potrebbe estendere a qualsiasi delitto: certo che nessuna condanna può riportare in vita una vittima, ma questo non significa che allora tanto vale lasciare andare i colpevoli. Ma gli avvocati fanno il loro mestiere, per carità.

Né vogliamo in questa sede indulgere in speculazioni, che pure avrebbero un qualche fondamento, sulla famiglia del ragazzo, in particolare sul lavoro del padre, dipendente del Quirinale – in passato nei guai con la giustizia per i fondi spariti dalle casse della Tenuta di Castelporziano. Le condanne della Corte dei Conti al risarcimento di oltre 400 mila euro furono annullate dalla Consulta…

Il limite delle leggi

No: ne vogliamo approfittare per una riflessione sulla giustizia e su certe politiche di cui molto si parla in questi giorni. Vogliamo innanzitutto discutere del reato di omicidio stradale, che se ricordate fu introdotto in pompa magna proprio per casi come questo, un inasprimento di pene che di fatto è stato aggirato con questo patteggiamento.

Per l’età della vittima (5 anni), per la guida particolarmente imprudente e pericolosa dello youtuber, per la futilità del motivo della violazione del codice della strada (non correva certo a 120 km/h per portare qualcuno al pronto soccorso), non c’era forse caso più appropriato per una pena dai 5 ai 10 anni. Non diciamo 10, per carità, ma fargli almeno assaggiare il carcere a questo ragazzo forse avrebbe avuto un valore più “rieducativo” di farla franca. Se non in questo caso, in quale caso?

È un caso che dimostra alla perfezione come non sempre una legge è risolutiva. Dobbiamo finirla di pensare che per ogni problema c’è una legge che può risolverlo. Piuttosto è spesso vero il contrario. Puoi approvare la migliore legge possibile, ma la sua applicazione con le finalità e la ratio del legislatore dipenderà sempre dal sistema giudiziario, dalle donne e dagli uomini chiamati ad amministrare la giustizia.

Non si tratta quindi di correggere la legge, correre a elencare ancora più fattispecie, la vera questione è il governo del sistema giudiziario. Come nel caso di Beniamino Zuncheddu, che si è fatto 33 anni di carcere da innocente.

Autovelox e limite a 30

Questo ci porta ad un’altra riflessione, su due politiche di “sicurezza” stradale di cui si parla molto in questi giorni: l’installazione a tappeto di autovelox (in Italia un numero record di 11 mila) e il limite di velocità a 30 km/h. Misure che ci vengono vendute per la “nostra sicurezza”, per “salvare vite”. Ecco, ma se nemmeno il sistema penale è in grado di sanzionare adeguatamente una guida spericolata e gravemente irresponsabile come quella dello youtuber di Casal Palocco, figuratevi quanto possono farlo delle multe.

Un autovelox o un limite a 30 anziché a 50 su quella strada non avrebbero certo salvato il piccolo Manuel. A nostro modesto avviso è più probabile che una pena adeguata, severa (non usiamo appositamente la parola esemplare), avrebbe potuto almeno ridurre il numero dei “Di Pietro” in circolazione sulle nostre strade.

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