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Arabia Saudita: la sfida di MBS contro il Deep State religioso, gli Ulema

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Nel Regno saudita il principe ereditario Mohammed Bin Salman sta provando a riformare in profondità le strutture costituzionali del regno, ma deve confrontarsi con la classe religiosa wahhabita ultraconservatrice che si oppone ad ogni tentativo di riforma: gli Ulema. Questa élite è sia il pilastro su cui la casa Reale dei Sa’ud ha fondato il proprio potere per controllare l’Arabia sia la principale fonte di instabilità della Monarchia Saudita.

Ma nella storia dell’Arabia Saudita la loro presenza è stata fondamentale per consolidare lo State-Building saudita. Gli Ulema si definiscono gli eredi legittimi del Wahhabismo fondato dal predicatore Abd-al-Wahhab che si alleò con la Famiglia dei Sa’ud e con il capo d’allora Muhammad bin Sa’ud, signore del piccolo villaggio di al-Dir’yya di Nagd, nel 1744. L’alleanza tra i due ebbe come effetto l’inizio di una espansione militare che venne fermata, agli inizi del XIX secolo, soltanto dall’intervento militare ottomano ed egiziano, fermando il primo tentativo di State-Building saudita.

Solo dal 1900 in poi i Sa’ud si riorganizzarono per riprendere la conquista dell’Arabia ed unificare il paese. Nel 1927 avvenne la riconquista del regno Hascemita, che nel 1924 perse il sostegno diplomatico e militare britannico, dello Higaz, prendendo il controllo delle città sante dell’Islam Medina e La Mecca. Nel 1932 venne proclamato il Regno dell’Arabia Saudita e ‘Abd al-‘Aziz al-Saud, ricevendo il sostegno della Corona Britannica, divenne il primo re del nuovo stato. Il terzo tentativo di State-Building saudita si è realizzato grazie ad azioni prettamente militari di conquista territoriale ed alla volontà di costruire un sentimento nazionale attraverso l’ideologia religiosa islamica ultraconservatrice wahhabita che, dal 1932 ad oggi, viene preservata dagli Ulema, i maggiori rappresentanti dell’establishment che hanno sempre garantito la stabilità politica della monarchia.

La classe religiosa wahhabita, in seguito alla conquista Sa’ūd delle due città sante de La Mecca e Medina, iniziò un’opera di purificazione e di purghe estirpando dalla città le altre correnti islamiche sunnite.

Dagli anni cinquanta e sessanta gli Ulema iniziarono ad istituzionalizzarsi. Guidati da un discendente del predicatore al-Wahhab, Muhammad bin Ibrahim al-Sayh, riuscirono a farsi riconoscere importanti istituzioni statali strategiche, come una nuova autorità per emettere la fatwa, che nel 1971 venne rinominata il Consiglio degli Ulema anziani. Agli Ulema venne dato il controllo delle Corti islamiche, unificate nel 1958, e nel 1959 aprirono diversi giornali che dovevano essere le principali voci di risonanza per esportare l’ideologia wahhabita all’estero.

Gli Ulema, dopo la crisi petrolifera del 1973 causata dall’embargo che l’Opec attuò contro gli Usa ed Israele, ebbero l’opportunità di espandere ed esportare l’ideologia wahhabita fuori dai confini dell’Arabia Saudita, con il consenso/assenso indiretto della stessa monarchia. Con l’indebolimento dei nazionalismi panarabi gli Ulema iniziarono ad accettare da parte della monarchia uno sviluppo economico che non andasse contro i principi della Shari’a, la legge islamica. Inoltre gli Ulema stavano tessendo una ragnatela di contatti transnazionali di banche private che elargivano prestiti senza interessi, visto che l’interesse bancario era proibito dal Corano. Così queste banche iniziarono ad emettere prestiti verso i paesi musulmani più poveri come il Sudan e il Pakistan con l’obiettivo di farli entrare nella sfera d’influenza di Riyadh.

Gli Ulema autorizzarono anche la creazione di diversi istituti islamici che promuovevano la realizzazione di scuole coraniche e moschee in giro per il mondo, con il fine di espandere la dottrina del wahhabismo ed attrarre studenti a frequentare le università saudite. Definito Petro-Islam, questo sistema di indottrinamento fornì liquidità infinita alla Da’wa (proselitismo) wahhabita, con l’obiettivo di voler comprare la comunità sunnita alla visione islamica wahhabita.

L’esempio migliore di come sono stati spesi i soldi provenienti dalla vendita di petrolio è rappresentata dalla Islamic University of Medina. Istituita nel 1961 con un decreto reale, la IUM è uno tra i principali fari per il proselitismo e la visione salafita della religione islamica, allineandosi con la dottrina religiosa dominante nel Regno dei Sa’ūd. Offrendo borse di studio complete (spese di viaggio, vitto e alloggio comprese) agli studenti stranieri, l’obiettivo è quello di spingere i giovani non sauditi, ma pur sempre musulmani, a studiare alla IUM per poi tornare nei paesi di appartenenza con una visone islamica saudita e fortemente wahhabita. Ma con l’avvento di Re Salman nel 2015 , dopo la morte di Re ‘Abdallah, il giovane principe ereditario Mohammed Bin Salman, anche ministro della difesa, inizia a pianificare la Saudi Vision 2030, progetto che punta a riformare la complessa macchina socio-economica saudita e le stesse istituzioni del Regno, inclusi gli Ulema e la loro influenza nella società saudita. La sfida del giovane principe MBS è piena di ostacoli, ma la posta in gioco è troppo alta: la stessa sopravvivenza del Regno dei Sa’ūd.

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