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Astenuti primo partito: leader stanchi, senza una parola nuova e una speranza vera. All’Italia servirebbe un “momento Reagan”

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Sono trascorse tre settimane piene e direi intensissime di campagna elettorale. Eppure, nonostante una programmazione radiotelevisiva martellante (o forse proprio a causa di essa), gli indecisi restano attestati sul 13-15% (e non mostrano di diminuire, per il momento), mentre gli astenuti rimangono saldamente il primissimo partito (32-34%).

Sommati, fanno circa la metà degli elettori, i quali – di fatto – mostrano di rifiutare in blocco l’offerta politica esistente.

A ben vedere, almeno per ora (l’immigrazione può essere un game-changer), buona parte di questi elettori non sembrano “tecnicamente” raggiungibili da leader (piccoli e grandi) che appaiono stanchi, dall’occhio spento, senza una parola nuova e una speranza vera. Giocano complessivamente in difesa, per ora: per la sopravvivenza, per un gruzzolo di deputati-fiches (mi raccomando, non dimenticate la s finale, per carità!) da “giocare” nella lotteria parlamentare del dopo 4 marzo.

È come se nessuno volesse/potesse/sapesse rivolgersi a elettori non tifosi, indipendenti, non “cammellati”. In particolare, sul lato destro, da anni mancano all’appello alcuni milioni elettori: imprenditori, partite Iva, lavoratori del privato, professionisti, delusi per la mancata “rivoluzione liberale”, giovani, eccetera.

È evidente che questi elettori non sono recuperabili con i cani della Brambilla o con la promessa di una dentiera; né con i toni truci di Salvini; né da una Meloni che per ora – ed è un vero peccato – ha mancato l’occasione di guardare anche altrove rispetto al bacino tradizionale della destra, e non è riuscita a dare alla sua lista un profilo sensibilmente diverso rispetto alla Lega; né tantomeno dal reducismo veterodemocristiano di Cesa, a cui si è inspiegabilmente accodato Fitto, buttando a mare la semina liberalconservatrice che altri avevano faticosamente concepito anche per lui.

A questi elettori (e complessivamente all’Italia) servirebbe quello che chiamerei un “momento Reagan”, cioè un messaggio di speranza, come il suo celebre spot “It’s morning again in America”. Qui da noi, invece, la notte è ancora lunga: e queste elezioni sono l’ultima partita del vecchio campionato, di una stagione da mettere in archivio.

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